Saturday, December 31, 2022

Benedetto XVI e Nietsche

 È morto il Papa.

Brano del mio “Leggevamo un giorno per diletto”:


(…La piccola TV all'angolo della cucina trasmetteva un commentario su un'enciclica del nuovo Papa: qualcosa sulla reciprocità dell'amore umano e divino. Paul si era messo ad ascoltare con interesse, ma la trasmissione era alla fine e il commentatore si era spostato per l'ennesima volta sui danni dell'alluvione nel sud. Paul decise di dare un'occhiata all'Enciclica del Papa. Potrebbe solo aiutarlo con il suo saggio. Disse buona notte a sua madre e tornò alla sua stanza e al suo laptop.


Dall' enciclica “Deus est caritas” di Benedetto XVI, Paul aveva subito scoperto l'affinità delle parole del Papa con l' intreccio dell' amore sessuale e dell'amore che infondeva ogni aspetto della poesia di Donne e, Paul doveva ammettere, delle sue stesse relazioni . Il rossore sulle guance di Anne; il sorriso di Rosette: entrambi gli apparvero all’improvviso nella mente come conferma. Scosse la testa; si ritirarono, anche se a malavoglia. Continuò con la sua lettura.


“I Greci—leggeva nell'enciclica—consideravano l'eros principalmente come una sorta di ebbrezza, la sopraffazione della ragione da parte di una "follia divina" che strappa l'uomo dalla sua esistenza finita e lo rende capace, proprio mentre viene sopraffatto dalla potenza divina, di provare una gioia suprema.”


Paul pensò subito a Santa Teresa. La sua estasi deve essere stata sicuramente la follia divina alla quale il Papa accenna. Ma mentre Paul continuava a leggere non si sentiva più sicuro che questo fosse il caso. "Un eros inebriato e indisciplinato, quindi, non è un'ascesa verso il Divino, ma una caduta, un degrado dell'uomo." La giovane Teresa, al contrario, doveva aver davvero sentito fino in fondo questa ebbrezza, che si doveva trasmutare lentamente nell'amor suavisimo de nuestro Dios. Quindi la sua non era più una discesa nell'eros greco, ma l'eros “disciplinato e purificato” di cui, proseguendo, parla il Papa: “L'eros ha bisogno di essere disciplinato e purificato se vuole fornire non solo un piacere fugace, ma l'apice della nostra esistenza, la beatitudine a cui anela tutto il nostro essere.” E che, pensò Paul, Teresa chiaramente desiderava. Lo stesso valeva pure per Donne. 


Quest'ultimo pure aspirava a quella specie di purificazione fin dall'inizio, anche se, come indicano le sue prime poesie, la purificazione dei suoi sensi e l'elevazione alla forma più rarefatta dell'amore non erano facili. Mentre guardava avanti alla poesia di cui avrebbe in seguito discusso, Paul sapeva che Donne avrebbe imparato col tempo a salire quella scala ripida. Lo stesso, pensò, l'eros di cui parla il papa Benedetto sarebbe ancora eros, o sarebbe qualcos'altro? Amore, sì, certo, ma eros?


Continuò a leggere:


“L'amore promette l'infinito, l'eternità, una realtà molto più grande e totalmente diversa dalla nostra esistenza quotidiana. Eppure abbiamo anche visto che il modo per raggiungere questo obiettivo non è il semplice sottomettersi all'istinto. Sono richieste purificazione e crescita in maturità; e pure queste passano per la via della rinuncia. Lungi dal respingere o “avvelenare” l'eros, lo curano e ne ripristinano la vera grandezza.”


Qui Benedetto respinge specificamente il punto di vista di Nietzsche secondo cui l'approccio cristiano alla vita aveva avvelenato l'eros. Ma l'eros viene davvero riportato al suo vero “grandeur” se viene purificato al punto da non bruciare più con le fiamme dionisiache? Quando Donne sceglierà di bere profondamente dal divino, avrà allora completamente spento Dioniso? Si può davvero aggrapparsi al fuoco dionisiaco e allo stesso tempo seguire la “via della rinuncia”?


Paul rifletté e si chiese se sarebbe stato davvero in grado di rispondere. Il riferimento di Benedetto a Nietzsche lo tormentava. Perché puntare il dito su questo filosofo tedesco? Paolo fece una rapida ricerca sul web di Nietzsche e lesse, in un commentario sul suo L'Anticristo, che una visione cristiana implicava "l'odio dei sensi, della gioia nei sensi, della gioia in generale...". Poco da stupirsi, pensò Paul. Era chiaro che le opinioni del papa erano antitetiche a quelle di Nietzsche. L'enciclica sottolineava la possibilità di un eros in evoluzione e quindi di una gioia di vivere in evoluzione e sempre più intensa. Quindi il Papa e Nietzsche erano opposti, erano bianchi e neri, ma non nel tipo mistico orientale di yin-yang, poiché ciò implicava che entrambi i lati dell'opposizione si completavano a vicenda. No, la visione nietzscheana doveva essere contrastata, combattuta e superata. Solo allora la gioia umana sarebbe libera dallo sconveniente irritante di un eros non purificato.

Così, mentre leggeva più a fondo il trattato di Benedetto sull'amore, Paul vide in esso una prefigurazione delle cose a venire, sia in termini di espressione che di manifestazione dell'amore nella poesia di Donne.


“L'eros e l'agape, l'amore ascendente e l'amore discendente, non possono mai essere completamente separati. Quanto più i due, nei loro diversi aspetti, trovano una giusta unità nell'unica realtà dell'amore, tanto più si realizza la vera natura dell'amore in generale. Anche se l'eros all'inizio è principalmente avido e ascendente, un fascino per la grande promessa di felicità, nell'avvicinarsi all'altro, è sempre meno preoccupato di se stesso, cerca sempre più la felicità dell'altro, si preoccupa sempre di più dell'amato, si dona e vuole “essere lì per” l'altro. Entra così in questo amore, perché altrimenti l'eros si impoverisce e perde anche la propria natura.


Mentre Paul esaminava ciò che aveva scritto poco prima di essere chiamato a cena, ricordò che la giustapposizione di erotico e divino pervadeva l'Elegia XIX di Donne. A livello espressivo, quindi, eros e agape si incontravano già anche a questo primo livello nello sviluppo artistico e umano di Donne. Non poteva, tuttavia, poter dire lo stesso sulla sintesi effettiva di queste due forme di amore, almeno non nel senso concepito da papa Benedetto…)

Thursday, December 1, 2022

Il Còu dal Mondiàl

 Il Còu dal Mondiàl

 

Disperasiòn e èstaši:

èco lì la vera partida

di chistu Mondiàl.

I zujadòus a sòn tàncjus,

di ogni colòu, e a vègnin 

da ogni cjantòn dal mont.

Dùcjus a scombàtin par vinsi—

a si afànin, a sufrìsin,

ma maj a no si rìndin—

se ben ch'a sàn 

che doma na scuadra

a la fin a zarà a vinsi

e a godisi un momènt di gloria

(momentùt, coma dimostràt aliej

da na Fransa campiona

batuda da na Tunišiuta).

Par ogni altra scuadra,

cun ogni partida zujada,

a si lontana la speransa

e a si visina la disperasiòn;

ma oh cuancju afàns

e cuancju patimìns

che un al è bon da sufrì

par otegni a la fin

chel nanosecònt

di èstaši!