Thursday, March 30, 2017

Upcoming appeal

Environmental Appeal Board
APPEAL FILES: 2017-EMA-001 and 003 [Group No. 2017-EMA-G01]
Fourth Floor 747 Fort Street Victoria British Columbia V8W 3E9
Telephone: (250) 387-3464 Facsimile: (250) 356-9923
Mailing Address:
PO Box 9425 Stn Prov Govt Victoria BC V8W 9V1

Website: www.eab.gov.bc.ca E-mail: eabinfo@gov.bc.ca
page1image4592
March 6, 2017 Via email
Ermes Culos
Box 524
Ashcroft BC V0K 1A0

Ministry of Justice
PO Box 9280 Stn Prov Govt Victoria BC V8W 9J7

Attention: Meghan Butler and Cory Bargen
Shapray Cramer & Associates Barristers & Solicitors
Suite 670 World Trade Centre 999 Canada Place

Vancouver BC V6C 3E1 Attention: Stephen M. Fitterman
Nlaka’pamux Nation Tribal Council Box 430
1632 St. George’s Road
Lytton BC V0K 1Z9
Attention: Grand Chief Bob Pasco
Village of Cache Creek Box 7
Cache Creek BC V0K 1H0

Attention: Mayor John Ranta
RE: Environmental Management Act Appeal - Culos v. December 15, 2016 decision of A.J. Downie for the Director, Environmental Management Act, to issue Operational Certificate 107189 to the Village of Cache Creek and Belkorp Environmental Services Inc. for the Cache Creek Landfill Extension [2017-EMA-001]
RE: Environmental Management Act Appeal - Nlaka’pamux National Tribal Council v. December 15, 2016 decision of A.J. Downie for the Director, Environmental Management Act, to issue Operational Certificate 107189 to the Village of Cache Creek and Belkorp Environmental Services Inc. for the Cache Creek Landfill Extension [2017-EMA-003]
The Board is now in receipt of responses from each of the parties in reply to the Board’s letter of February 1, 2017, proposing to join the above-noted appeals under group file: 2017-EMA-G01 and to hearing the appeals by way of written submissions.
No response was received from Nlaka’pamux Nation Tribal Council.
2
page2image864
Based upon the parties’ responses, the Board confirms that that above noted appeals have been joined under Group File: 2017-EMA-G01, and the hearing will proceed by way of written submissions.
Subject to any objections, the Board has set the following schedule for the exchange of the partieswritten submissions and supporting documentation, based upon the schedule proposed by counsel for the Respondent.
  •   The Appellants must submit their written comments and pertinent documentation to the Board (two copies), to the Respondent, the Third Parties and each other (one copy each), by no later than May 12, 2017.
  •   The Third Parties must submit their written comments and pertinent documentation to the Board (two copies), to the Respondent, the Appellants and each other (one copy each), by no later than May 26, 2017.
  •   The Respondent must submit his written responses to the Appellants’ and Third Parties’ initial written comments by no later than June 9, 2017. These comments are to be submitted to the Board (two copies), to the Appellants and the Third Parties (one copy each).
  •   The Appellants may submit any rebuttal comments on the submissions of the Respondent and the Third Parties by no later than June 23, 2017. No new evidence is to be included in the rebuttal comments. These comments are to be submitted to the Board office (two copies), to the Respondent, the Third Parties and each other (one copy each).
    In addition to the above, submissions may also be filed electronically.
    The panel of the Board will review the comments and responses and may then direct questions to the parties for further comment.
    Please note that failure to meet the aforementioned time restrictions may result in the loss of opportunity to submit argument.
    In the event that notice of an expert report or notice of expert testimony may be given pursuant to Rule 25, the parties are requested to advise the Board by not later than March 17, 2017, in order that the Board may set the schedule for the filing of notice of an expert report or expert testimony and notice of any rebuttal expert report or expert testimony.
    In order to assist the parties in preparing their written submissions, the Board is enclosing a copy of its information sheet entitled “Preparing for a Written Hearing and Preparation Checklist”.
page2image21360 page2image21520 page2image21680 page2image21840

3
page3image840
In the meantime, should you have any questions regarding the appeal, please do not hesitate to contact the Board’s Registrar, Jacquelene Seigel.
Yours truly,
Robert Wickett, Q.C. Vice-Chair
Att.
2017-03-06 LT Parties group appeals wsub schedule
page3image3808

Wednesday, March 29, 2017

The Waste Land

Brano tratto da un commento sulla mia traduzione friulana della Waste Land di Eliot (lulu.com/spotlight/eculos)

“...Questo cenno alla wasteland ci porta di nuovo al nostro argomento principale, ma prima di tornare a Eliot mi sento di dover fare un’osservazione su un aspetto alquanto bizzarro della discarica moderna, come è quella vicino a Cache Creek (considerata tale almeno dalle autorità locali). Queste autorità locali stanno attualmente cercando di ottenere l’approvo di una banda indiana locale (nel cui territorio è situata la discarica ) per proseguire con una notevole espansione del progetto. Una giovane donna, che appartiene a questa banda indiana, mi ha suggerito giorni fa (nell’evidente tentativo di convincere se stessa che la discarica non può essere un male assoluto) che nel corso dei secoli la discarica potrebbe diventare qualcosa di prezioso—una sorta di miniera di cose rare e preziose gettate via dalle persone di generazioni precedenti. Tutti ricordiamo l’ottimismo dell’anziano José Arcadio Buendía (il patriarca di Cien años de soledad), che anche in un periodo in cui a Macondo nessuno riusciva più a dormire e tutti erano terrorizzati dal pensiero di non essere mai più in grado di ricordare niente, José Arcadio Buendía non si perse mai di coraggio, e in questa stessa occasione critica si metteva a sognare una macchina della memoria, per merito della quale nessuno avrebbe mai dimenticato  nulla, né quello che aveva fatto il giorno prima, né i nomi degli uccelli di Macondo, né niente di niente. Anche se fondamentalmente delirante, José Arcadio Buendía sarebbe quindi stato il primo a riconoscere le nostre discariche moderne—soprattutto quelle mega sanitarie—non come sconfinati cimiteri di immondizie ma come musei della nostra memoria collettiva, che per Carl Jung sarebbe né più né meno che una Kollektive Unbewusste. Se per qualche strana coincidenza capitasse che un giorno si trovassero nei paraggi Jung e José Arcadio Buendía, accompagnati magari dalla giovane indiana, non sarebbe per nulla da meravigliarsi se li vedessimo piegati su uno dei cumuli intenti a scavare nella sporcizia—come il cane di Eliot—per oggetti di valore archetipico; e non dovremmo neppure meravigliarsi se vedessimo, in un altro cumulo di questo cimitero di ricordi, Eliot stesso alacremente occupato a graffiare via nella porcheria con le unghie e, ogni tanto, recuperare qualcosa che, come accade al principe danese quando scruta il teschio gettatogli dal becchino, gli riporta alla memoria altre persone, altri tempi, altri eventi...”

Un strambolòt? Certo, ma...



Monday, March 27, 2017

Pasolini e il friulano casarsese


“In una mattina dell'estate del 1941 io stavo sul poggiolo esterno di legno della casa di mia madre. Il sole dolce e forte del Friuli batteva su tutto quel caro materiale rustico... su quel poggiolo o stavo disegnando (...), oppure scrivendo versi. Quando risuonò la parola ROSADA.
Era Livio, un ragazzo dei vicini oltre la strada, i Socolari, a parlare. Un ragazzo alto, d'ossa grosse... proprio un contadino di quelle parti... ma gentile e timido come lo sono certi figli di famiglie ricche, pieno di delicatezza. Poiché i contadini, si sa, lo dice Lenin, sono dei piccoli-borghesi, tuttavia Livio parlava certo di cose piccole ed innocenti. La parola ROSADA non era che una punta espressiva della sua vivacità orale. Certamente quella parola, in tutti i secoli del suo uso nel Friuli che si stende al di qua del Tagliamento non era mai stata scritta. Era stata sempre e solamente un suono. Qualunque cosa quella mattina io stessi facendo, dipingendo o scrivendo, certo mi interruppi subito. (...) E scrissi subito dei versi, in quella parlata friulana della destra del Tagliamento, che fino a quel momento era stata solo un insieme di suoni: cominciai per prima cosa col rendere grafica la parola ROSADA”. (Da: http://culturacattolica.it/default.asp?id=246&id_n=7904)

Momento chiave, questo, nell’evoluzione poetica del Pasolini: d’ora in poi avrebbe scritto le sue poesie nel friulano casarsese. Così, almeno, penso.

Sto appena leggendo, però, un saggio (L’Esperienza friulana di Pasolini) di Hideyuki Doi, uno studioso giapponese del Pasolini, il quale non sembra condividere il mio parere. Secondo Doi, infatti, la poesia friulana del Pasolini, benchè ispirata dalla parlata casarsese, ritiene, una grande affinità con il friulano orientale (di là da l’aga). Come esempio il Doi cita—fra altre—questa poesia:

Il nini muàrt

Sère imbarlumìde, tal fossâl
’a crès l’àghe, ’na fèmine plène
’a ciamìne tal ciamp

Jo ti ricuàrdi, Narcìs, tu vévis il colôr
da la sére, quànt lis ciampànis
’a sunin di muàrt.

(Sera mite all’ultimo barlume, nel fosso cresce l’acqua, una femmina piena cam- mina pel campo. Io ti ricordo, Narciso, tu avevi il colore della sera, quando le campane suonano a morto.)
Questa trascrizione de “Il nini muàrt” non solo è affine all’uso del friulano orientale, ma è scritta da principio a fine nel friulano orientale. La stessa poesia, scritta con grafia casarsese, viene riportata così nel sito  http://www.club.it/autori/grandi/pierpaolo.pasolini/poediale.html.

Il nini muàrt

Sera imbarlumida, tal fossàl
a cres l'aga, na fèmina plena
a ciamina pal ciamp.

Jo ti recuardi, Narcís, ti vèvis il colòur
da la sera, quand li ciampanis
a súnin di muàrt.

A mio avviso è questa la grafia friulana pasoliniana.

Come, allora, si spiega la differenza? È possibile che il grande studioso giapponese abbia solo voluto dimostrarci come sarebbe apparsa la poesia del Pasolini se in realtà avesse usato la grafia della cosiddetta koine friulana?
...

Ho appena riletto il commento del Doi, nel quale riferisce ad altre stesure della stessa poesia:

“Prima Pasolini insiste sulla forma casarsese colòur nelle due stesure precedenti della poesia, poi la modifica, dato che nel vocabolario si trova solo la forma colôr. Questo ritocco serve per dare al primo verso della seconda terzina una sintonia fonetica con il primo verso della prima terzina: è una importante corrispondenza che nella poesia dimostra un contrasto simbolico fra le due strofe. Il rispetto della koinè friulana è richiesto non solo dalla sua predominanza o dall’uniformità linguistica, ma anche, e soprattutto, da un motivo estetico, da una «volontà poetica».

Se ciò è corretto, allora il Pasolini si è inchinato alle esigenze della koinè friulana. Ma solo se ciò è corretto. Ho i miei dubbi. Il primo: secondo Doi uno dei motivi che avrebbero portato Pasolini a scegliere la grafia della koinè è il semplice fatto che nel vocabolario (si tratta del Nuovo Pirona) si trova solo la forma colôr. È senz’altro vero che il Pirona non offre varianti del vocabolo. (Me ne sono appena accertato.) Trovo molto difficile credere, tuttavia, che Pasolini, conoscendo l’uso ubiquito di colòur nella parlata di Casarsa, si abbia arreso di fronte all’autorità del Pirona, autorità (come dimostra questo esempio) da riconoscere solo nell’ambito della koinè. Quest’arresa da parte del Pasolini, ripeto, mi sembra strana, perfino irreale—e per due motivi principali: primo, perchè egli usa molto spesso parole che terminano in “–òur”; secondo, perchè il Pasolini non era persona che accettava, diciamo così, placidamente, decreti che provengono dall’alto. (La scelta stessa del friulano—in particolare del friulano casarsese—come veicolo della sua espressione poetica dovrebbe essere prova sufficiente.)

Il Doi, comunque, offre un’altra ipotesi, che io trovo molto più probabile, espressa così dal Doi:

"..,dato il suo gusto per l’arcaicità, Pasolini sceglie appositamente le forme friulane antiche rintracciabili nel Nuovo Pirona. Con parametri propri egli si rivolge al dizionario, come notiamo nel seguente passo del 1943: [...] “donzèl”, “lutà” [...] non sono voci che si possano sentire sulle labbra di questi miei rustici compaesani, ma sono soltanto reperibili tra le pagine del Nuovo Pirona.”

Che il Pasolini ricorra ogni tanto a espressioni antiche come “donzèl” (e per giunta non appartenenti alla parlata casarsese) è facilmente provabile, come vediamo da quest’altra poesia, che però all’infuori di questa piccola anomalia è, nel suo insieme, prettamente casarsese, come casarsese è tutto il suo corpus poetico friulano:

O me donzel

O me donzel! Jo i nas
ta l'odòur che la ploja
a suspira tai pras
di erba viva... I nas
tal spieli da la roja.

In chel spieli Ciasarsa
- coma i pras di rosada -
di timp antic a trima.
Là sot, jo i vif di dòul,
lontàn frut peciadòur,

ta un ridi scunfuartàt.
O me donzel, serena
la sera a tens la ombrena
tai vecius murs: tal sèil
la lus a imbarlumís.

da la sera, quand li ciampanis
a súnin di muàrt.

A mio avviso è questa la grafia friulana pasoliniana.

Come, allora, si spiega la differenza? È possibile che il grande studioso giapponese abbia solo voluto dimostrarci come sarebbe apparsa la poesia del Pasolini se in realtà avesse usato la grafia della cosiddetta koine friulana?


Sunday, March 26, 2017

Sanctity earned

Povero Sant’Antonio!
Nel resistere simili tentazioni la santità se l’era veramente meritata! (Almeno secondo Leloir.)



Saturday, March 25, 2017

Il Piacere

D’Annunzio. Just finished reading his Il Piacere.
Impressions: The setting for the most part is the heart of Rome, essentially the area that surrounds Piazza di Spagna. The story traces the relationship between a young Roman aristocrat and two rich young  ladies. The novel was written in the summer and fall of 1888, and it is therefore only fair to think that the centre of Rome as described in the novel is the Rome of d’Annunzio’s day, with its streets semideserted or at most walked-on by the occasional patrician man or woman. The young man, Andrea, is, by all appearances, handsome, refined, and cultured. The young women, Elena and Maria, are also both beautiful and at least outwardly refined. Elena is much sought after by the young patricians of the city, while Maria, the wife of a Guatemalan minister and mother of a six-year old girl, is, at least initially, a devoted wife and mother. Andrea is attracted to both. He seduces the first in the early part of the novel, and much of the rest of te novel is given to Andrea’s attempt to seduce the second one.
Andrea succeeds in seducing both women, though he eventually ends up by losing both of them. It becomes clear, in the course of the story, that Andrea has a high level of refinement: he is a poet, he is an artist, he is at home in the world of music, in other words he is thoroughly accomplished; and it is through this accomplished exterior that he proves irresistible to Maria. His outward accomplishment, though, is not matched by his complete lack of moral principles; and in the end he is doomed by his inner corruption.
It’s natural to ask, I suppose, if there is anything in the novel that the author wants us to identify with, or that indeed he himself identifies with. Andrea is innerly corrupt, so it’s unlikely that the author wants us to identify with him. Elena, it turns out, is, if anything, worse, her husband, or lover, being an avid collector of pornographical works, which she herself, we are given to understand, is also drawn to. So it’s unlikely that d’Annunzio wants us to feel any sympathy for these characters. And Maria? She is more of a puzzle. She too falls for Andrea and in the end becomes an adultress. But she resists, she resists for a long time before falling a helpless victim of Andrea’s charm. So maybe this is where we find the key to the novel. Its focus is Rome and all its irresistible charms; but its charms are are also fatal.
In the end the novel reminds us a bit of the recent movie La Grande Bellezza; it too shows us a Rome that at the same time that it is full of charms it is also decadent and corrupt.
I will add this: that D’Annunzio’s novel is a mirror into the ruling class of Rome, and therefore Italy. The other classes—especially the working class—are ignored completely. Should we also, then, see it as a mirror of today’s ruling Italian society?


Thursday, March 23, 2017

Ironia dell’Ariosto


Brano dell’introduzione del mio Orlando il Furiòus (si veda www.lulu.com/spotlight/eculos):

...Ma intànt che che puora fiola di Angèlica a è lì leàda e disperada, èco che il poeta a ni vèn dongja cun un’altri bièl tocùt di ironìa. Cualchidùn, dopodùt, a bišugna cal càpiti chì par salvà chista fantasina, che sinò se mont al sarèsia chistu, cun fantasìnis bièlis ca vègnin sbranàdis da li òrchis mentri che dut inziru i cavalièrs pì rinomàs dal mont a stàn dibànt? No, no; da un mont cussì crudèl e sbalansàt libera nos Domine! Al càpita chì, insoma, Rugero stes, chel guerièr potènt e valoròus (e un bièl puc amletiàn) cal è, in ta un sens amondi reàl, il protagonista pì importànt dal poema. Al è luj, dopodùt, chèl che, insièmit cun Bradamànt, al varà da doventà il progenitòu daj Èstes. E Rugero a Bradamànt a ghi vòu un ben dal mont, coma ca è just. Ma il ben ca ghi vòu a la so futura fèmina, a no ghi impedìs di apresà la bielesa da la puora fiola ca si mèt a salvà dal mostri marìn. E a salvala al và, judàt dal so destrièr alàt, che cun chèl a la mena in ta un postùt no tant lontàn, indulà che

… tal miès d’un prat, a era na fontanuta,
e dongja di lì pur na culinuta.

Rivàt uchì,

… frenàt al veva’l bramòus cavalièr
il destrièr so, e tal pratùt al era dismontàt.

Dismontàt dal destrièr, a è pur ver
che’n ta ben altri al sarès montàt;
ma ’l arnèis cal veva ’ntòr ghi lu veva ’mpedìt:
chel mona di arnèis, po, ghi lu veva proibìt.

E chì il puòr Rugero a si veva cjatàt di front un intrìc che di pì grant cuaši cuaši a no’n veva maj nè prima nè dopo cjatàt.

Insiminìt da la primura cussì tant
al era che di disvistisi a nol rivava.
Maj nol veva fadijàt cussì tant;
che se un làs al molava, n’altri a s’ingropava.

A è naturàl che chèl cal lès a si dà na grataduta di cjaf e al pensa: ma Bradamànt? a nol varèsia Rugero da vignì frenàt dal pensej da la so prometuda? E il poeta, chì, coma cal lešès il nustri pensej, a si intromèt a colp e a ni dìs:

Parsè’l varèsia Rugèr da meti’l fren,
adès che cjòisi al pòl il so dilèt
cun la dols’Angèlica che nuda al tèn
ta stu solitari e còmut boschèt?
Bradamànt in mins pì no ghi vèn
che sempri streta al tegneva tal pet;
e se di ic s’impensa coma prima,
mat al sarès se di chista nol vès stima…

A è clar che il Ariosto, par tant cal cjanti da la gloria daj Èstes e da la nobiltàt daj so timps, al è encja pì che bon da cjòiju inziru, coma cal fà in tal cašu di Rugero e di Bradamànt. Li radìs di sta tant laudada cjaša, dopodùt—coma che il poeta a ni lasa savej cun muša ridìnt—a sòn nudrìdis no doma di roba buna e sensa pècis, ma di ledàn pur, encja se stu ledàn al à la scuišitesa da la Angèlica. Ma no stìn pensà che doma Rugero al vedi sti debulèsis, dal dut umànis; encja Orlando, e pì di dùcjus Orlando, il pì grant paladìn da la Fransa, al sufrìs da li stèsis vòis di Rugero e di tancju àltris cavalièrs di nòn, ca sèdin chej o cristiàns o saracèns. Sot ingàn dal magu Atlante a ghi pàr a Orlando—al inisi dal Cjant XII—di sìntisi clamàt da Angèlica, che di chè luj al è straplèn di murbìn.

Tuesday, March 21, 2017

Apotheosis of Putin. Well

Letter to The New Yorker

Dear Editor
Am I totally bonkers for coming out of my reading of  this week’s cover article of The New Yorker (March 6/17) with the feeling that Russia’s Putin is by far the most powerful figure in world politics today? How can I help feeling this way, though, when the article bombards the reader with example upon example of how Putin makes mince meat of the US Democratic party, relegates the Clinton dynasty to ignominious history, paves Trump’s otherwise impossibly rocky path to the presidency, and, outside the US, threatens (by pulling Trump’s strings) the NATO alliance, undermines democracy in France and Germany, and on and on?
And if all this is true, why is it that we react with a mix of a snicker and disbelief when Trump declares (as he has done more than once) that Putin is really very strong and certainly stronger than President Obama ever was? Ought we not, instead of snickering, look at Trump as having had the insights of Evan Osnos and fellow writers long before they showed up in in the pages of The New Yorker?
Ermes Culos

Sunday, March 19, 2017

Reflections on Les Miserables (cont.)


(This time from the English version.)

My reading of Les Miserables as a teenager led me soon after to the works of Dumas (they too forbidden), and from the works of Dumas to those of the Russian novelists, especially those of Dostoyevsky, and from those to Dickens, to Manzoni, and so forth. From Dostoyevsky what stands out the most is The Brothers Karamazov, which I read multiple times; and a lead character of this novel is the young Aliosha, forever stamped in my mind for his defining characteristic—his compassion, or caritas—regarded by the Church (which frowned on Dostoyevsky) as the greatest of virtues. Of Dickens what comes immediately to mind is his Tale of Two Cities, which tells, in part, of Sydney Carton, whose unrequited love for Lucy Manette leads him to sacrifice his life for that of the man she loves. And of Manzoni’s greatest work, The Betrothed, what can one say? One can say this, that the Church authorities would not have been without understandable reasons for consigning it to the list of banned books, something which indeed they had been tempted to do but refrained from doing so once they discovered that the book was already in high demand, so that there was no longer any need to ban it in order to tempt people to read it. And The Betrothed, which does not shy away from depicting some shadowy aspects of the Church—as in the portrayal of the nun Gertrude and of convent life generally,—does offer us in the main examples of virtue that the Church can only applaude: the modesty and chastity of Lucia, for example, or the devotion and loyalty of Renso, and most of all, perhaps, the moral strength of Fra Cristoforo, who struggles against and ultimately overcomes his baser instincts. And even for Don Abbondio, a parish priest without a trace of the virtues of Hugo’s bishop, for which we feel the urge to strangle him—even for him, or for his simple humanity, we do have some sympathy.

Riflessioni su I Miserabili

Tratto dal mio La Terra Desolata (www.lulu.com/spotlight/eculos).

..Mi viene in mente, qui, la prima volta che ho letto, in italiano, I Miserabili di Victor Hugo. Avevo, in quei giorni, quattordici, forse quindici anni. Era , credo, il 1953, lo stesso anno della morte di Stalin; e un silenzio era caduto su tutto San Giovanni non appena la notizia divenne nota.“Sai cosa?”udivo qualcuno sussurrare a qualcun altro,“Stalin è morto, sai!” ; e quel qualcun altro lo guardava in modo confuso, cercando di capire se la morte di Stalin, che era sempre stato, era qualcosa di buono o la più grande disgrazia possibile. E io, che capivo poco o nulla dei grandi eventi di questo mondo, ero come quest’ultimo. Era, come ho detto, intorno a quel periodo che ho letto per la prima volta Les Miserables. I motivi che mi avevano spinto alla lettura di questa grande opera di Hugo si sono un po’ offuscati con il passare del tempo, anche se credo che sia successo così: che all’interno della porta principale del duomo di San Giovanni era stato appeso un elenco dei libri che i parrocchiani fedeli erano sconsigliati dal leggere; e Les Miserables pure si trovava in questa lista, anche se quasi sicuramente veniva indicato come I miserabili.
Vi è una forte probabilità che, quando, per puro caso, mi era capitato di vedere questo stesso libro nella casa di un conoscente del borgo Runcis (il cui nome semplicemente non ricordo) lo avrei del tutto ignorato e lasciato lì dov’era. Ricordavo invece che questo era uno dei libri che non si doveva leggere. Così me lo feci prestare, lo portai a casa e iniziai subito a leggerlo; e non credo di sbagliarmi nel dire che iniziai a leggerlo proprio perché era un libro proibito e che era il divieto stesso che mi aveva tentato di leggerlo. Che cosa mai raccontava questo libro che la Chiesa non voleva che lo sapessi? Devo supporre che tenendomi dalla sua lettura la Chiesa era motivata solo dal benessere della mia anima; e anche se in maniera molto ironica, il divieto avrebbe avuto almeno un po’ dell’effetto desiderato: non perché il divieto mi aveva tenuto lontano dal libro, ma piuttosto perché il divieto lo aveva reso infinitamente più desiderabile, come, temo, in quelle prime mattine del nostro mondo, dicendo a Eva di non avvicinarsi alla famosa mela, il nostro buon Signore l’aveva riempita di una voglia irresistibile di assaggiarla. Non ho alcun desiderio, ora, di discutere se il divieto edenico, con la sua inevitabile tentazione, era stata una cosa buona o no: forse lo era, e forse non lo era. Una cosa sì che la possiamo dire tranquillamente: che il divieto aveva causato la tentazione, la tentazione la caduta, e la caduta la redenzione; e la redenzione, si potrebbe pensare, non era del tutto una brutta cosa. Si potrebbe pure dire, naturalmente, che se il divieto non fosse mai stato decretato, Eva non sarebbe mai stata tentata di ottenere ciò che veramente non le occorreva. Queste speculazioni, tuttavia, è meglio lasciarle ai teologi. Torno invece al libro che senza il suo divieto non avrei forse mai saputo che esistesse. Grazie al divieto, insomma, non solo ho letto il libro, ma lo ho letto con lo stesso entusiasmo che un uomo affamato mangia un buon pasto: con ciò intendo dire che appena iniziai a leggerlo ricordo che continuai a leggerlo da inizio a fine in una sola seduta. Penso, però, che la mia memoria mi stia giocando dei brutti scherzi: chi il libro lo ha letto sa che Les Miserables è un tomo piuttosto voluminoso, di più di ottocento pagine, e che quindi non è verosimile che un ragazzo di quattordici anni lo abbia letto non-stop. Ma proprio così mi ricordo di averlo letto. Può ben darsi che lo abbia letto in un periodo di pochi giorni o addirittura di settimane.Su una cosa, però, non ci possono essere dubbi: ho letto il romanzo con grandissimo piacere; e le vicende della storia che racconta, e i personaggi che animano la sua trama—come Jean Valjean; come il vescovo che alla pari di un alchimista dei tempi antichi che tentava di tramutare qualcosa di brutto e selvaggio in una cosa preziosa, ma a differenza dell’alchimista riesce all’inizio della storia a iniettare nel più rozzo Jean Valjean qualcosa che col tempo lo trasformerà in uno straordinario esempio di rettitudine morale; come l’inflessibile Javert, come la povera Fantine, come Cosette—sono rimasti per me veri punti di riferimento, come l’ago della bussola che più di una volta nelle nostre escursioni ci ha rimesso nella strada giusta....

Friday, March 17, 2017

Il lessicografo di famiglia (o di cjaša)

Il friulano cos’è? Basta chiederlo al fratello Tony che da anni si dedica alla composizione di un dizionario multilengale (italiano, inglese, spagnolo, francese) con a base una delle varianti della lingua friulana.

Segue un frammentino dell’opera di Tony. Dopo aver letto la definizione di “cuarp” nelle sue variegate sfumature il lettore rimarrà indubbiamente curioso di leggere la definizione di “chisciotèsc”!

Disionari Frašeològic Multilengal dal Furlan di Cjašarsa

cuarp s [ cuarps ] -- orig-L ( corpus ) | sostansia, materia, in cualsìasi stat, sòlid, lìcuit, aeriform; sè cal òcupa un spasiu | màs, toc, materia o sostansa composta o agregada ca à li tre dimensions di lungesa, largesa e profonditat; part sostansial/ prinsipal | chim tornà in ~ , rišumi il so stat metàlic | fišc: grosesa; màsa; gravitat dal cuarp , il so peis, il jesi greif; agregamint; masa composta insièmit di pars | astr: ~ selest , astri, globu, disc | zool: part material e orgànica dal omp e daj animaj | antm: globu dal vuli; ~ calous, pineal, striat , tal serviel; ~ vitri[u] , tal vuli; persona sensa il cuarp e li gjambis, tors; ~ estrani , introdušut da fou[r] | fišiol: costitusion fìšica; salut | cadàvar; cuarp muart | pansa; bultric; bas ventri; dolou[r]s di ~ , di pansa; a ~ vueit , dišun; meti in ~ , mangjà, bevi; stitichesa/ stropat di ~ , dificultat a zì di ~; benefisi dal ~ , fasilitat di evacualu; a ~ plen , dopu vèj mangjat; a crepa ~ , a crepapansa; ; zì di ~ , cagà; movi, dismolà il ~ , promovi il benefisi di ~; ~ dala vous , fuarsa | figt: dà ~ , dà aparensa di realtat, importansia; dà ~ a una finsion | persona; ~ a ~ , muša a muša, persona cuntra persona; a ~ muart/ pierdut , risoludamentri, cun ìmpetu; in ~ e ànima , pròpit in persona; vèj roba in ~ , vèj disgust, malumòu[r], conosi o taši tanti robis; no savej tegni un segret in ~ , no savej tegni segres; entrà in ~ , vegnì in ànimu, fasi coragju; vèj il diaul tal cuarp , esi agitat; a mal in ~ , a malincòu[r]; ributà in ~ , fà pintì dali peraulis ditis; ~ sens’ànima , persona freida, apàtica; tegni net il ~ , mantègnisi cast; vèj il ~ gros di fèmina plena visin al part | opst di ànima: sens; apetìs sensuaj | prv: ~ sglonf nol cròt al dišun | ltra racolta completa di òparis | relg: ~ di Crist , ostia trasmutada; la fiesta dal ~ dal Signòu[r] , dal Còrpus Dòmini | archt: , mole di edifisi, glišia, palas; rilief sglonf di fasada | stmp: grosesa dal caràtar tipogràfic; cuesta/ devòu[r] di un libri | vln: ampliesa, capasitat di un vas, resipient, ect | enl: ~ dal vin , vigòu[r], fuarsa | muš: casa, di strumins a cuardis là ca si fà la risonansa; ~ dal sùn , fuarsa, intensitat, plenesa | indm: ~ dala cjameša , part sensa li màniis | mltr: formasion orgànica di trupis ca corispunt a un regimint o legjon; ~ dal ešèrcit , tra li do alis; spirt di ~ , solidaritat di militars di un stes cuarp; ~ di vuardia , grup di militars ades ala vigilansa di cašerma | nautc scaf, fust dala naf | legl: ~ dal delit/ reat , soget material, strumint | soclg: ~ acadèmic , i siensias, profesou[r]s dal universitat insièmit; ~ dipolmàtic , daj ambasiadou[r]s; ~ legislatif , ducju i deputas e senatou[r]s ||

T corpo / I body | stmp type size / S cuerpo / F corps | fond; coeur; centre; gros; bande; troupe |||| jòt encja a crepa cuarp, a cuarp muart, a cuarp pierdut, a cuarp plen, a cuarp vueit, agregamint, a mal in cuarp, ampliesa, ànima, apetit carnal, bišùin dal cuarp, bišùin di zì dal cuap, bišùin di zì di cuarp, bloc, bultric, cadàvar, capasitat, combati cuarp a cuarp, componimint, coran, corban, corompìbil, corporadura, corporasion, corporatura, corutìbil, cuarp acadèmic, cuarp a cuarp, cuarp calous, cuarp costitutif, cuarp dala cjameša, cuarp dal delit, cuarp dal vin, cuarp di armada, cuarp di bal, cuarp di cjašis, cuarp di edifisis, cuarp di fabricat, cuarp di lejs, cuarp diplomàtic, cuarp di polas sensa pet, cuarp di tescj, cuarp di uaita, cuarp di vuardia, cuarp e ànima, cuarp estrani, cuarp insegnant, cuarp lìcuit, cuarp lušint, cuarp muart, cuarp selest, cuarp sglonf nol cròt al dišun, cuarp sìmpul, cuarp sòlid, cuarp trasparent, cuesta di libri, dà cuarp, dal cuarp, di cuarp, dismolà il cuarp, dolou[r]s di cuarp, ešemplar, fà cuarp, fuarsa, grosesa, in cuarp, in cuarp e ànima, intensitat, màs, màsa, materia, meti alc tal cuarp, mole, movi il cuarp, muart, no vèj nuja tal cuarp, part sostansial, part prinsipal, persona, plenesa, racolta, risuresion daj cuarps, salut, sens, sostansa, sostansia, spirt di cuarp, stitichesa di cuarp, stòmit, stropat di cuarp, toc, tors, tratat, tripa, tronc dal cuarp, uaita dal cuarp, vèj il diaul tal cuarp, ventri, vigòu[r], volun, vuardia dal cuarp, vulun, zì dal cuarp, zì di cuarp .
 cuarp (a mal in) loc-av jòt a mal in cuarp .
 cuarp (avansà in) loc-v jòt avansà in cuarp .
 cuarp (bišùin dal) loc-s [ bišùins dal cuarp ] jòt bišùin dal cuarp .
 cuarp (bišùin di zì dal) loc-s [ bišùins di zì dal cuarp ] jòt bišùin di zì dal cuarp .
 cuarp (bišùin di zì di) loc-s [ bišùins di zì di cuarp ] jòt bišùin di zì di cuarp .
 cuarp (combati cuarp a) loc-v jòt combati cuarp a cuarp .
 cuarp (dà) loc-v jòt dà cuarp .
 cuarp (dal) loc-a/av jòt dal cuarp .
 cuarp (di) loc-av jòt di cuarp .
 cuarp (dificultat a zì di) loc-s-f [ dificultas a zì di cuarp ] jòt dificultat a zì di cuarp .
 cuarp (dismolà il) loc-v jòt dismolà il cuarp .
 cuarp (dolours di) loc-s-pl di dolòu[r] di cuarp jòt dolou[r]s di cuarp .
 cuarp (esi stropat di) loc-v jòt esi stropat di cuarp .
 cuarp (fà) loc-v jòt fà cuarp .
 cuarp (in) loc-av jòt in cuarp .
 cuarp (meti alc in) loc-v jòt meti alc in cuarp .
 cuarp (meti alc tal) loc-v jòt meti alc tal cuarp .
 cuarp (meti in) loc-v jòt meti in cuarp .
 cuarp (movi il) loc-v jòt movi il cuarp .
 cuarp (spirt di) loc-s-inv jòt spirt di cuarp .
 cuarp (stitichesa di) loc-s-f [ stitichesis di cuarp ] jòt stitichesa di cuarp .
 cuarp (stropamint di) loc-s [ stropamins di cuarp ] jòt stropamint di cuarp .
 cuarp (stropat di) loc-s [ stropas di cuarp, stropada di cuarp, stropadis di cuarp ] jòt stropat di cuarp .
 cuarp (sul) loc-av/prs jòt sul cuarp .
 cuarp (tal) loc-av/prs jòt tal cuarp .
 cuarp (tronc dal) loc-s [ troncs daj cuarps ] jòt tronc dal cuarp .
 cuarp (uaita dal) loc-s-f [ uaitis dal cuarp ] jòt uaita dal cuarp .
 cuarp (vèj dificultat a zì di) loc-v jòt vèj dificultat a zì di pansa .
 cuarp (vèj il diaul tal) loc-v jòt vèj ol diaul tal cuarp .
 cuarp (vèj stitichesa di) loc-v jòt vèj stitichesa di cuarp .
 cuarp (vèj stropamint di) loc-v jòt vèj stropamint di cuarp .
 cuarp (vuardia dal) loc-s-f [ vuàrdiis dal cuarp ] jòt vuardia dal cuarp .
 cuarp (zì dal) loc-v jòt zì dal cuarp .
 cuarp (zì di) loc-v -- fišiol zì a fà un bišùin di cuarp; zì a fà un bišùin; zì a cagà; zì al ceso || T andare al cesso; andare in gabinetto / I to go the the toilet/ restroom / S ir al excusado/ retrete / F aller aux toilettes |||| jòt encja cagà, zì a cagà, zì a fà un bišùin, zì al ceso .
 cuarp acadèmic loc-s [ cuarps acadèmics ] -- educ i siensias, profesou[r]s dal universitat insièmit | cuarp insegnant || T corpo academico / I academic body/ staff / S cuerpo académico / F corps academique/ universitaire |||| jòt encja acadèmic, cuarp, cuarp insegnant, cuarp universitari .
 cuarp a cuarp loc-a/av-inv -- sprt/mltr muša a muša, persona cuntra persona || T corpo a corpo / I hand-to-hand / S cuerpo a cuerpo; mano a mano / F corps à corps ||| combatimint ~ / T combattimento/ scontro corpo a corpo / I hand-to-hand fight/ combat/ engagement / S combatimiento/ lucha/ choque/ encuentro cuerpo a cuerpo/ mano a mano / F combat/ lutte corps à corps |||| jòt encja a, combatimint cuarp a cuarp, cuarp, muša a muša, persona cuntra persona, scuntri cuarp a cuarp .
 cuarp a cuarp (combati) loc-v jòt combati cuarp a cuarp .
 cuarp a cuarp (lota) loc-s-f [ lotis cuarp a cuarp ] jòt lota cuarp a cuarp .
 cuarp a cuarp (scuntri) loc-s [ scuntris cuarp a cuarp ] jòt scuntri cuarp a cuarp .
 cuar pali scarpis loc-s [ cuars pali scarpis ] -- cjal (Rigo, Elia, et al) imprest di len, plàstica o metal (origianlmentri di cuar di vacja) par impirà i talons tali scarpis; cuar dali scarpis; metsuscarpis || T corno da stivali/ per infilar scarpe / I shoe-horn/ lift / S calzador de zapatos / F corne à chaussures; chausse-pied |||| jòt encja cuar, cuar dali scarpis, metsuscarpis, pali, scarpa .
 cuarpat s-pegj di cuarp [ -pas ].
 cuarp a una finsion (dà) loc-v jòt dà cuarp a una finsion .
 cuarp brilant loc-s [ cuarps brilans ] -- fišc cuarp splendent/ lušint | astr cuarp selest; stela || T corpo lucente | astr corpo celeste; stella / I shining body | astr heavenly/ celestial body; star / S cuerpo luciente | astr cuerpo celestial; estrella / F corps luisant/ brillant | astr corps céleste |||| jòt encja brilant, cuarp lušint, cuarp selest, cuarp splendent, stela .
 cuarp calous loc-s [ cuarps calous ] antm jòt calous .
 cuarp costitutif loc-s [ cuarps costitutifs ] -- chim cuarp costitutif di un compost; (cuarp sìmpul; chè forma dala materia ca no pòl esi disfata da nisun mies cognosut dala siensia) component; elemint, element | ingredient || T corpo costitutivo; componente; elemento | ingrediente / I element; constituent element | ingredient / S cuerpo constitutivo; componente; elemento (cuerpo simple, aquella forma de la materia que no puede descomponerse por ninguno de los medios que conoce la ciencia) | ingrediente / F corps constitutif (de la matière); constituent; composant; corps simple; élément | ingrédient |||| jòt encja component, costitutif, cuarp, cuarp sìmpul, element, elemint, ingredient .
 cuarp dala cjameša loc-s [ cuarps dali cjamešis ] -- indm part sensa li màniis || T corpo della camicia / I body of the shirt / S cuerpo de la camiza / F corps de la chemise |||| jòt encja cjameša, cuarp, dala .
 cuarp dal delit loc-s [ cuarps daj delìs ] -- legl soget material, strumint dal reat; cuarp dal reat || T corpo del delitto/ reato / I material evidence; substance of offence; corpus delicti / S cuerpo del delito / F corps du délit |||| jòt encja cuarp, cuarp dal reat, dal, delit .
 cuarp dal ešèrcit loc-s [ cuarps daj ešercis ] -- mltr cuarp di armada, tra li do alis || T corpo d’armata; corpo dell’esercito / I army-corps / S cuerpo de ejército / F corps d’armée |||| jòt encja cuarp, cuarp di armada, dal, ešèrcit .
 cuarp dal reat loc-s [ cuarps daj reas ] -- legl soget material, strumint dal reat; cuarp dal delit || T corpo del delitto/ reato / I material evidence; substance of offence; corpus delicti / S cuerpo del delito / F corps du délit |||| jòt encja cuarp, cuarp dal delit, dal, reat .
 cuarp dal vin loc-s [ cuarps daj vins ] -- enl vigòu[r], fuarsa dal vin || T corpo del vino / I body of the wine / S cuerpo del vino / F qualité de corsé du vin ||| chistu vin al à dal cuarp / T questo vino ha del corpo / I this wine has body /is of good body ; is strong-bodied / S este vino tiene mucho cuerpo / F ce vin est corsé |||| jòt encja cuarp, dal, vin .
 cuarp diafan loc-s [ cuarps diafans ] -- fišc cal lasa pasà la lus atraviers dal so cuarp; cuarp trasparent || T corpo trasparente/ diafano / I transparent body / S cuerpo transparente/ trasparente/ diáfano / F corps transparent/ diaphane |||| jòt encja cuarp, cuarp trasparent, diafan .
 cuarp di armada loc-s [ cuarps di armadis ] -- mltr cuarp dal ešèrcit, tra li do alis || T corpo d’armata; corpo dell’esercito / I army-corps / S cuerpo de ejército / F corps d’armée |||| jòt encja armada, cuarp, cuarp dal ešèrcit, di .
 cuarp di bal loc-s [ cuarps di baj ] – dnsa ducju i balarins di un stes grup; balet / T corpo di ballo; balletto / I company of dancers; ballet / S cuerpo de baile; balet / F ballet; troupe de danse |||| jòt encja bal, balet, cuarp, di .
 cuarp di cjašis loc-s [ cuarps di cjašis ] -- strd/edl bloc di cjašis/ edifisis; išulat di cjašis/ edifisis || T corpo di case/ edifici; isolato / I block [of houses/ buildings] / S manzana [de casas]; amrc cuadra / F pâté [de maisons]; îlot |||| jòt encja bloc di cjašis, bloc di edifisis, cjaša, cuarp, cuarp di edifisis, di, išolat di cjašis, išolat di edifisis, išulat di cjašis, išulat di edifisis .
 cuarp di edifisis loc-s [ cuarps di edifisis ] -- strd/edl bloc di cjašis/ edifisis; išulat di cjašis/ edifisis || T corpo di case/ edifici; isolato / I block [of houses/ buildings] / S manzana [de casas]; amrc cuadra / F pâté [de maisons]; îlot |||| jòt encja bloc di cjašis, bloc di edifisis, cuarp, cuarp di cjašis, di, edifisi, išolat di cjašis, išolat di edifisis, išulat di cjašis, išulat di edifisis .
 cuarp di fabricat loc-s [ cuarps di fabricas ] -- edl part prinsipal di fabricat / T corpo di fabbricato / I body of a building; main building / S cuerpo de fábrica/ edificio / F corps de bâtiment |||| jòt encja cuarp, di fabricat .
 cuarp di lejs loc-s [ cuarps di lejs ] -- legl comples di lejs: ~ sivil, penal, fiscal, di procedura, militar, marìtin, ect.; insièmit di lejs; racolta di lejs || T complesso di leggi; insieme di leggi; raccolta di leggi; codice / I complex of laws; body of laws / S conjunto de leyes; cuerpo de leyes / F ensemble de droits/de lois |||| jòt encja còdicj, comples di lejs, cuarp, insièmit di lejs, lej, racolta di lejs .
 cuarp-diplomàtic loc-s [ cuarps diplomàtics ] -- dplm daj ambasiadou[r]s, daj cònsuj, dali mdelegasions diplomàtichis, ect || T corpo diplomatico / I diplomatic corps; corps diplomatique / S cuerpo diplomático / F corps diplomatique |||| jòt encja cuarp, diplomàtic .
 cuarp di polas sensa pet loc-s [ cuarps di polas sensa pet ] jòt carcasa .
 cuarp di tescj loc-s [ cuarps di tescj ] -- stmp ešemplar o compendiu di tescj di una stesa òpara || T corpo di testi / I body of texts / S cuerpo de textos / F corps de textes |||| jòt encja cuarp, di, test .
 cuarp di uaita loc-s [ cuarps di uaita ] -- mltr grup di militars ades ala vigilansa di cašerma; cuarp di vuardia || T corpo di guardia / I (par indicà i componens dala vuardia) guard ; (par indicà la residensa) guard-house; round-house / S cuerpo de guardia / F corps de garde |||| jòt encja cuarp, cuarp di uardia, cuarp di vuardia, di, uaita .
 cuarp di uardia loc-s [ cuarps di uardia ] -- mltr grup di militars ades ala vigilansa di cašerma; cuarp di vuardia || T corpo di guardia / I (par indicà i componens dala vuardia) guard ; (par indicà la residensa) guard-house; round-house / S cuerpo de guardia / F corps de garde |||| jòt encja cuarp, cuarp di uaita, cuarp di vuardia, di, uardia .
 cuarp di vuardia loc-s [ cuarps di vuardia ] -- mltr grup di militars ades ala vigilansa di cašerma; cuarp di vuardia || T corpo di guardia / I (par indicà i componens dala vuardia) guard ; (par indicà la residensa) guard-house; round-house / S cuerpo de guardia / F corps de garde |||| jòt encja cuarp, cuarp di uaita, cuarp di uardia, di, vuardia .
 cuarp e ànima loc-av -- in cuarp e ànima, pròpit in persona | risoludamentri, cun ìmpetu; di duta lena; disperadamentri; a cuarp muart, a cuarp pierdut || T [in] corpo ed anima; a corpo perduto; a corpo morto / I body and soul; with heart and soul; headlong; desperately / S [en] cuerpo y alma / F à corps perdu; corps et âme ||| butasi ~/ a cuarp muart/ pierdut ta un perìcul / T buttarsi corpo e anima/a corpo morto in un pericolo / I to fling oneself headlong into a danger / S echarse a cuerpo muerto/ cuerpo y alma en un peligro / F se jeter à corps perdu/ mort dans un danger |||| jòt encja ànima, a cuarp muart, a cuarp pierdut, cuarp, cun ìmpetu, di duta lena, disperadamentri, e, in cuarp e ànima, pròpit in persona, risoludamentri .
 cuarp e ànima (in) loc-av jòt in cuarp ànima .
 cuarp estrani loc-s [ cuarps estranis ] -- patl cuarp introdušut da fou[r] || T corpo estraneo / I extraneous/ foreign body / S cuerpo extraño/ externo / F corps étranger |||| jòt encja cuarp, estrani .
 cuarp gasous loc-s [ cuarps gasous ] -- fišch/chim cuarp cuarp aeriform cal resta tal ali temperaturis e presions ordenàriis; sostansia flùida ca pòl espàndisi indefinidamentri e implenì completamentri un contenidòu[r]: distint da sòlid e  lìcuit / T corpo gassoso/ aeriforme; sostanza gassosa / I gaseous body/ substance / S cuerpo gaseoso; / substancia gaseosa / F corps gazeux; substance gazeuse |||| jòt encja cuarp, cuarp lìcuit, cuarp sòlid, gasous, sostansia gasoša, sostansia lìcuida, sostansia sòlida .
 cuarp insegnant loc-s [ cuarps insegnans ] -- educ maèstros di scuelis basis e altis, profesou[r]s di colegjus, istitus vocasionaj, universitas; profesou[r]s dal universitat insièmit | cuarp acadèmic || T corpo insegnante / I staff of teachers; teaching staff / S claustro de profesores / F [le] corps enseignant |||| jòt encja cuarp, cuarp acadèmic, insegnant .
 cuarpisin s-dmn-vsgtf di cuarp [ -sins ] – (Castellani, et al) cuarput di nini; biel cuarput || T corpicciolo, corpicciuolo; corpettuccio; corpicello; corpuccio; corpiciattolo; corpuzzo | corpetto; corpicino / I nice small body; infant’s body / S corpecillo; corpecico; corpezuelo | cuerpecito / F joli petit corps; corps d’enfant |||| jòt encja cuarput .
 cuarp lìcuit loc-s [ cuarps licuis ] -- fišch/chim cuarp cal cunsist di molèculis o particelis ca scòrin una sul’altra sensa sensa podej slontanasi liberamentri; sostansia scorèvula coma l’aga, il vin, il vueli, ect.: tra il sòlid e il aeriform o gasous / T corpo liquido / I liquid body/ substance / S cuerpo líquido / F corps liquide |||| jòt encja cuarp, cuarp gasous, cuarp sòlid, lìcuid, sostansia lìcuida
 cuarp lušint loc-s [ cuarps lušins ] -- fišc cuarp splendent/ brilant | astr cuarp selest; stela || T corpo lucente | astr corpo celeste; stella / I shining body | astr heavenly/ celestial body; star / S cuerpo luciente | astr cuerpo celestial; estrella / F corps luisant/ brillant | astr corps céleste |||| jòt encja cuarp brilant, cuarp selest, cuarp splendent, stela .
 cuarp muart loc-s [ cuarps muars ] – antm cadàvar | nautc boa di ormegju || T corpo morto; cadavere | nautc boa di ormeggio / I fišiol dead body; cadaver | nautc fixed mooring / S fišiol/nautc cuerpo muerto / F fišiol/nautc corps mort |||| jòt encja boa di ormegju, cadàvar, cuarp, muart .
 cuarp muart (a) loc-av jòt a cuarp muart .
 cuarp pierdut (a) loc-av jòt a cuarp pierdut .
 cuarp plen (a) loc-av/a-inv jòt a cuarp plen .
 cuarp plen nol cròt al dišun prv -- prv chel cal magja sensa riten a nol vou[l] pierdi peis || T corpo gonfio non crede al digiuno / I ltr a full belly doesn’t believe in fasting / S el que come y mea el diablo que se lo crea; ltr barriga llena no cree en el ayuno / F ltr ventre plein ne croit pas au jeûne |||| jòt encja al, crodi, cuarp, cuarp sglonf nol cròt al dišun, dišun, nol, pansa plena no cròt al dišun, plen .
 cuarps (risuresion daj) loc-s-f-inv -- ecl/relg risuresion dala cjar, il dì dal judisi universal || T risurrerzione della carne / I resurrection of the body / S resurrección de la carne / F la résurrection de la chair |||| jòt encja cuarp, judisi universal, risuresion, risuresion dala cjar .
 cuarp selest loc-s [ cuarps selescj ] -- astr astri, globu, disc (coma la luna, il soreli, marte, una stela, ect.) || T corpo celeste / I heavenly body / S cuerpo celeste / F corps céleste |||| jòt encja astri, cuarp, cuarp lušint, disc, globu, luna, marte, selest, soreli, stela .
 cuarp sglonf nol cròt al dišun prv -- prv chel cal magja sensa riten a nol vou[l] pierdi peis || T corpo gonfio non crede al digiuno / I ltr a full belly doesn’t believe in fasting / S el que come y mea el diablo que se lo crea; ltr barriga llena no cree en el ayuno / F ltr ventre plein ne croit pas au jeûne |||| jòt encja al, crodi, cuarp, cuarp plen nol cròt al dišun, dišun, nol, pansa plena no cròt al dišun, sglonf .
 cuarp sìmpul loc-s [ cuarps símpuj ] -- chim cuarp costitutif di un compost; cuarp costitutif; (chè forma dala materia ca no pòl esi disfata da nisun mies cognosut dala siensia) component; elemint, element | ingredient || T corpo costitutivo; componente; elemento | ingrediente / I element; constituent element | ingredient / S cuerpo constitutivo; componente; elemento (cuerpo simple, aquella forma de la materia que no puede descomponerse por ninguo de los medios que conoce la ciencia) | ingrediente / F corps constitutif (de la matière); constituent; composant; corps simple; élément | ingrédient |||| jòt encja component, costitutif, cuarp, cuarp costitutif, element, elemint, ingredient, sìmpul .
 cuarp sòlid loc-s [ cuarps sòlids ] -- fišch/chim cuarp culi molèculis amondi visinis e difisilmentri distacàbilis: distint da cuarp lìcuid e cuarp gasous || T corpo solido / I solid body / S cuerpo sólido / F corps solide |||| jòt encja consistensa, cuarp, cuarp gasous, cuarp lìcuid, cunsistensa, cunsistensia, masa sòlida, sòlid, sostansia sòlida .
 cuarp splendent loc-s [ cuarps splendens ] -- fišc cuarp splendent/ lušint | astr cuarp selest; stela || T corpo lucente; brillante | astr corpo celeste; stella / I shining body | astr heavenly/ celestial body; star / S cuerpo luciente/ brillante | astr cuerpo celestial; estrella / F corps luisant/ brillant | astr corps céleste |||| jòt encja cuarp, cuarp brilant, cuarp lušint, cuarp selest, splendent, stela .
 cuarp trasparent loc-s [ cuarps trasparens ] -- fišc cal lasa pasà la lus atraviers dal so cuarp; cuarp diafan || T corpo trasparente/ diafano / I transparent body / S cuerpo transparente/ trasparente/ diáfano / F corps transparent/ diaphane |||| jòt encja cristal, cuarp, cuarp diafan, trasparent
 cuarp universitari loc-s [ cuarps universitaris ] -- educ i siensias, profesou[r]s dal universitat insièmit; cuarp acadèmic | cuarp insegnant || T corpo academico / I academic body/ staff / S cuerpo académico / F corps academique/ universitaire |||| jòt encja cuarp, cuarp acadèmic, cuarp insegnant, universitari .
 cuarput s-dmn di cuarp [ -pus ] – (Castellani, et al) cuarput di nini; cuarpisin || T corpetto; corpicino | corpicciolo, corpicciuolo; corpettuccio; corpicello; corpuccio; corpiciattolo; corpuzzo / I nice small body; infant’s body / S cuerpecito | corpecillo; corpecico; corpezuelo / F petit corps | joli petit corps; corps d’enfant |||| jòt encja cuarpisin .
 cuarp vueit (a) loc-av/a-inv jòt a cuarp vueit .

Angelica

 Brano del mio Angelica (lulu.com/spotlight/eculos)

...Nell’ Orlando Innamorato, come ricorderemo, Angelica e Orlando si incontrano quando Orlando, dall’aspetto assai malandato, appare lo stesso del tutto imponente agli occhi di Angelica.

E già non par che venga dalla danza;
L'arme ha spezzato ed è senza cimiero,
Arsa è la sopravesta, e non ha lanza
E non ha scudo l'ardito guerrero;
Ma pur mostrava ancor grande arroganza,
Tanto superbo avea lo aspetto fiero,
E qualunche il mirasse in su Baiardo
Direbbe: Questo è il fior d'ogni gagliardo. (OI. 25. 36)

Vedendolo disciolto e malmenato Angelica si prende cura immediata di lui, e fin qui la scena ci ricorda la reazione di Angelica al momento quando i suoi occhi cadono per la prima volta su Medoro nell’ Orlando Furioso. Nell’ Innamorato i gesti di Angelica quando

…di sua mano il conte ebbe spogliato,

Baciandol spesse fiate con amore,

indicano—a quanto pare dalle ottave che seguono—il semplice desiderio di accattivarsi l’amore del paladino per usufruire delle sue notevoli capacità a scopo di protezione, mentre che, nel Furioso, la cura che Angelica si prende del giovane Medoro non è motivata da interesse personale, ma da ammirazione, compassione, e vero amore.

Quando Angelica vide il giovinetto

languir ferito, assai vicino a morte,

che del suo re che giacea senza tetto,

più che del proprio mal si dolea forte;

insolita pietade in mezzo al petto

si sentì entrar per disusate porte,

che le fe' il duro cor tenero e molle,

e più, quando il suo caso egli narrolle. (OF. XIX. 20)

E questi sentimenti non sono per qualcosa di appariscente o maestoso, non per ricchezza o fama o gloria, ma per un uomo semplice che si cura del prossimo più di quanto si cura di se stesso; ché, difatti, prega Zerbino, da cui è stato appena sconfitto, di fare di lui ciò che vuole, ma non prima di avergli lasciato il tempo di seppellire il suo re.

Cavallier [dice a Zerbino] per lo tuo Dio,

non esser sì crudel, che tu mi nieghi

ch'io sepelisca il corpo del re mio.

Non vo' ch'altra pietà per me ti pieghi,

né pensi che di vita abbi disio:

ho tanta di mia vita, e non più, cura,

quanta ch'al mio signor dia sepultura.



E se pur pascer vòi fiere et augelli,

che 'n te il furor sia del teban Creonte,

fa lor convito di miei membri, e quelli

sepelir lascia del figliuol d'Almonte.  (OF.XIX. 11-12)

Come sappiamo, sarà la stessa Angelica che aiuterà Medoro a seppellire la salma del re e a curare le sue ferite. Mentre Medoro guarisce, però,

…ella languisce
di nuova febbre, or agghiacciata, or calda,

e se non bastasse,

Angelica a Medor la prima rosa
coglier lasciò,
non ancor tocca inante:
né persona fu mai sì aventurosa,

ch'in quel giardin potesse por le piante.

Per adombrar, per onestar la cosa,

si celebrò con cerimonie sante
il matrimonio… (33)

La reazione del poeta a questo punto è istruttiva: ci indica chiaramente, ai suoi ed ai nostri occhi, dove risiedono i meriti più reali.

O conte Orlando, o re di Circassia,
vostra inclita virtù, dite, che giova?

Ecco, proprio così.  Orlando e gli altri grandi della terra possono ottenere fama e onori e ricchezze, ma non riescono a conquistare la persona che più desiderano, il cui cuore si apre pienamente, e solo, per chi possiede in abbondanza le qualità che mancano agli altri: la semplicità, l’umiltà, e il valore vero; non le prodezze per cui un guerriero come Rodomonte sacrifica Isabella, ma il valore di opere eseguite senza desiderio o speranza di riconoscimento.

Wednesday, March 15, 2017

Stupendo Pluto, ma...



Si, si, si, mille volte si—
le foto di Pluto sono fantastiche,
come lo erano quelle di Marte
e di Giove e degli anelli di Saturno
e della Cometa 67P.

Ma il suo fascino in che consiste
se non in ricordarci
che questa nostra povera terra,
sola nell’immensità dello spazio,
ci nutre e consola?



Monday, March 13, 2017

Orwell in Friulian

Introductory notes to my Friulian translation of Animal Fam, Orwell’s wonderful fairytale

Introduzione

Animal Farm, scritto da George Orwell verso la fine del 1944, apparse per la prima volta nell’estate del 1945 con il titolo di Animal Farm, A Fairy Story.

Come favola e come allegoria il libro di Orwell ebbe un successo immediato. Per i piccoli, attratti in maniera naturalissima dagli animali, gli elementi fiabeschi di Animal Farm—gli animali che nel bene e nel male si comportano come si comportano gli esseri umani—hanno sin dall’inizio avuto su di loro un fascino straordinario. I lettori più maturi soccombono essi stessi al fascino fiabesco del racconto, anche se si sentono, quest’ultimi, attratti in egual modo dagli aspetti allegorici della storia: dal riconoscere, cioè, in Snowball, in Napoleon, in Squealer, in Boxer, ecc., protagonisti reali e notissimi, come Trotzky e Stalin, e, in Boxer, perfino la nobiltà dell’infaticabile lavoratore.

Per coloro, comunque, che leggono questa mia traduzione del racconto di Orwell—Il Cjašàl da li Bèstis—il piacere della lettura va ben oltre il fascino degli aspetti fiabeschi ed allegorici: include pure, e forse soprattutto, la concretezza degli elementi linguistici, che spiccano per la loro “contadinità” e che quindi riportano il lettore in un mondo che al di fuori delle pagine della storia non esiste più.

Introduction

Animal Farm, composed by George Orwell in the latter half of 1944, was first published in the summer of 1945 under the title of Animal Farm, A Fairy Story.

As a fairy story and as an allegory Orwell’s work was hugely successful from the start. For young readers, drawn to animals as they naturally are, the fairytale aspects of Animal Farm—the animal creatures that, for good or bad, behave like human beings—have from the start been a source of extraordinary fascination. More mature readers, likewise attracted by these fairytale elements, are at the same time drawn to the allegorical aspects of the story, owing to their awareness that characters like Snowball, Napoleon, Squealer, Boxer, and so forth, are what they are at the same time that they are evocative of real-life personalities like Trotzky and Stalin, and, in Boxer, even of the nobility of the tireless worker.

For those, however, who read my Friulian translation of Orwell’s tale—Il Cjašàl da li Bèstis—the pleasure of reading it goes significantly beyond the enjoyment of its fairytale and allegorical aspects: it encompasses even—and perhaps above all—the concreteness of those linguistic elements that that stand out so vividly for their traditional peasant nature—or Friulanity—and which for that very reason have the power to transport the reader in a world that has essentially ceased to exist outside the pages of history.


Introdusiòn

Animal Farm, scrìt vièrs la fin dal 1944, al era stàt publicàt da Orwell in tal estàt dal 1945 cul tìtul di Animal Farm, A Fairy Story.

Coma fiaba il libri di Orwell al veva vùt un sucès imediàt. I no vìn da surprìndisi se grancj' e pìsuj a lu lešèvin e a pàrin via a lèšilu cun aviditàt. I tacàn cul leši—

Il siòr Zuan, da la Fatorìa da la Contèa, al veva sieràt i pulinàrs par la not, ma da cjoc cal era a si veva dismintiàt di sierà li puartelùtis—

e a colp i si sintìn inviscjàs in ta la trama dal libri: il siòr Zuan al è cjoc e li gjalìnis a àn via lìbera: na cumbinasiòn di ròbis ca promèt alc di bon, o forsi puc di bon, ma sens’altri interesànt e divertènt. E alora i paràn via a leši e a voltà pàginis; e cuant, po, che sùbit dopo i lešìn che il pì vecju daj pursìs a si mèt a stusigà il rest da li bèstis di voltasi cuntra il paròn da la fatorìa e di rangjasi lòu stèsis a governasi, la nustra curiošitàt a è in bora e a no si pòl pì distudala fin ch’i no lešìn la ùltima riga dal librùt.

Al livèl alegòric il libri al vèn lešùt cun altritànt interès. I si necuarzìn sùbit che cuant che il vecju Magjòr a ghi dìs a li bèstis radunàdis a scoltalu in ta la stala dal cjašàl che—

Il omp al è la ùnica creatura ca cunsuma sensa produši nuja. A no ni dà nè lat nè òufs, al è masa dèbul par tirà la vuàrzina, a nol è bon da cori abastansa a fuart par cjapà lièvris. E pur al è il siòr di duti li bèstis. A li fà sgobà, a ghi torna indavòu doma chel tant ca ghi ocòr pa no murì di fan, e il rest a si lu tèn par sè stes. Il nustri lavoru al dàra il terèn, il nustri ledàn a lu fertilišèa, e pur nisùn di nuàltris a nol posèit pì da la so pièl nuda. Vuàltris vàcis davànt di me, cuancju miàrs di galòns di lat i vèišu dàt in tal ùltin àn? E indulà al eše zùt a finila dut chel lat cal varès da vej fàt cresi, e in salùt, biej vigelùs? Ogni gota a è zuda a finila in tal gašaròt daj nustri nemìcs. E vuàltris gjalìnis, cuancju òufs i vèišu fàt stu àn pasàt, e cuancju di chej òufs a soni doventàs pitìns e polàs? Il rest a sòn dùcjus zùs al marcjàt par fà bes par Zuan e i so òmis—

i sintìn in ta li so peràulis un èco na vura clar da li idèis marxìstis che il sgobà dal proletariàt—e la so produsiòn—al và a finila in ta li sachètis daj bacàns, o daj capitalìscj’. E cuant che sùbit dopo a ghi dìs a li bèstis—

Duncja, compàis, a no eše clar coma il cristàl che ducju i maj di stu mont a vègnin fòu da la tiranìa dal omp? Si eliminàsin il omp, dut chèl ch’i produšìn al doventarès nustri. In ta puc timp, i doventarèsin siòrs e lìbars. Alora se varèsinu da fà? Chistu i varèsin da fà: lavorà dì e not, ànima e cuarp, par sbarasasi da la rasa umana! A è di chistu ch’i volevi parlavi, compàis: da la Rivolusiòn!—

i sintìn in ta la so la vòus no doma di Marx ma di Lenin stes, cal proclama la ditatura dal proletariàt, ca partarà a na vera democrasìa paj puarès, pa la zent comùn, e no paj bacàns.

Li ešortasiòns dal vecju Magjòr a àn il so efièt: li bèstis a si ribèlin, il omp al vèn butàt fòu da la fatorìa, che a colp a doventa il cjasàl da li bèstis, prometìnt par li bèstis dut il ben di stu mont, pròpit coma che paj puarès dal mont li rivolusiòns dal sècul pasàt a ghi vèvin prometùt na sorta di paradìs terestri.

Il paradìs terestri, però, a nol và a materiališasi, nè in tal cjašàl da li bèstis nè in tal mont ch’i cognosìn; e a è par chèl, forsi, che il Animal Farm di Orwell al vèn il pì da li vòltis lešùt coma na satira dal sistema comunista, màsima chèl da la Rusia Sovietica. Che Orwell al vedi volùt criticà il sistema soviètic a è na roba ca no si pòl dubità. A no sarès just, però, dismintià che se la rivolusiòn da li bèstis a falìs, a falìs parsè che i pursìs—i stes ca proclàmin e ca dirìšin la rivolusiòn—puc a puc a dovèntin lòu stes na bruta còpia dal omp. La satira di Orwell, duncja, al stes timp ca ešalta li promèsis da la rivolusiòn a vuarda di brut vuli chej caporiòns dal cjašàl che cul zì dal timp a dovèntin coma i pì sfegatàs daj capitaliscj’.

Dut chistu, alora, a ghi è di grant interès a chèl cal lès Animal Farm in tal originàl inglèis o in ta cualsiasi altra lenga. Ma par nuàltris che in ta stu momènt i vìn in man Il Cjašàl da li Bèstis e no Animal Farm, e ch’i lešìn tocùs coma chìscjus:

al inisi, cuant che duti li bèstis a si radùnin ta la stala par scoltà il discòrs dal vecju Magjòr:

li gjalìnis a èrin zùdis a sclufasi in taj plans daj barcòns, i colòmps a vèvin svualasàt in taj trafs, li piòris e li vàcis a si èrin distiràdis davòu daj pursìs tacànt sùbit a rumià;

e sùbit dopo:

la ùltima a rivà a era la gjata, ca veva a colp dàt na ocjada in ziru pal postùt pì cjalt, e a si era a la fin sgnacada fra miès di Boxer e di Belinda; lì a ti veva ronfàt contenta e beada durànt dut il discòrs dal Vecju Magjòr sensa fàighi cašu a nencja na peraula di sè cal steva dišìnt;

e vièrs la fin, cuant che li ròbis a stàn tacànt a zì malamintri, se ben ca no ghi sòn maj someàdis cussì bièlis:

li bèstis a si èrin ingrumàdis atòr di Belinda, sensa diši nuja. Dal rivòn indulà ca èrin pojàdis a rivàvin a jodi dut inziru. A podèvin jodi cuaši dut il Cjašàl da li Bèstis—il prat cal rivava fin la jù da la strada, la mitàt dal fen, la boscheta, la posa indà ca zèvin a bevi, i cjamps daràs cul furmìnt cal creseva bièl e fresc, e i cops ros daj fabricàs cul fun cal vegneva fòu a zirulìnis daj camìns—

èco, par nuàltris sè ca ni è di pì grant valòu a no è la sàtira da li ideologìis—par comunìstis o capitalìstis ca sèdin—ma la ricreasiòn di un mont che in ta la so sostansa pì concreta e contadinescja a nol ešìst pì.

In tal Cjašàl da li Bèstis a è na vura fàsil cjatà chej momèns ca ni sgnàchin di nòuf in ta chel mont furlàn ca nol è pì, cuant che il zì a vendemà al era alc ca si feva sensa tirà il cul indavòu, che ansi a si lu bramava; cuant ca no era encjamò doventada na barzaleta chè di sinti li ešortasiòns daj vècjus di vendemà cjantànt (che doma la furbetàt contadinescja a podeva tramà coma strategìa par aumentà la produsiòn da la ùa vendemada, dal momènt che s’a era fàsil e divertènt vendemà cjantànt, a no era altritànt fàsil cjantà mangjànt); e cuant che di unvièr la stala a era encjamò il post indulà che li ešalasiòns da li vàcis, di davànt e di davòu, a ghi dèvin al ambiènt chel cjaldùt che cussì tant a ghi conferiva a li fèminis daj borcs di cjatasi insièmit par filà e filà sù, ai fioj di zujà a cucùc in ta la tromba dal fen o in taj cjantòns da la stala, e ai maròus e marošùtis di fà li sos in taj gruns di fen o di paja in taj cjantòns pì scurs da la stala indulà che i so sbušighès e il so cibiscjà a zèvin a insembrasi cul rumià da li bèstis.

Lasàn alora che stu lavoru a ni meni indavòu in tal timp.


Sunday, March 12, 2017

La furlanitàt di Hamlet



Brano dell’introduzione alla mia traduzione dell’Hamlet in lingua friulana casarsese (www.lulu.com/spotlight/eculos).


...Tal ben e tal mal i vin zà jodut alc da la nustra furlànitàt rifletuda tal Amlet di Shakespeare; pì ch’i penetràn tal Weltanschauung di sta opera e pì a somèa ch’i jodìni vièršisi il còu dal furlàn. Ta un daj so momèns pì brus, Amlet al pensa di fàla finìda, di copasi. Và ben, ogni un al à il dirìt di pensala coma cal vòu. La roba straordinaria a no è chè. La roba straordinaria a sòn li rašòns cal dà par gjustificà sè cal pensa di fà. Amlet al è principe, nasùt e preparàt par dominà su chej ca ghi stàn atòr. Epùr, secònt sè ca ni dìs ta stu brut momènt, la so vita a somèa ca sedi doventada insopuartàbil par rašons ca no àn nuja a che fà cun li relasiòns cal à cun la zent cal minsona. Al dìs:

                       Che lì a è la rašòn
Ca imbrutìs na vita masa lùngja.
Cuj’l sopuartarèsia’l frustà e’l disprès dal timp, 
I tuàrs dal prepotènt, li sbèrlis daj ’rogàns,
I spàšins par un ca no ti vòu, il rinvià
Da la lès, l’insolènsa dal impiegàt,
E’l dišdèn cul cual ti trata l’indèn…

I “tuàrs dal prepotènt”? “li sbèrlis dal rogànt”? “l’insolensa dal impiegàt”? No, chì a è clar che Shakespeare a ghi à metut in bocja peràulis ispiràdis tant pì da la condisiòn storica e social dal contadìn furlàn che di chè di un principe, cal sedi o no danèis.

E Amlet al è furlàn encja ta la maniera cal trata so mari. Al vorès èsi dur cun ic, al vorès vendicasi par la lišeresa ca à vùt tal spošà so barba—ma a nol pòl: la mari a è alc di sacri, ca tocja rispietà, proteši, venerà:

Chist’è pròpit l’ora streàda da la nòt,
Cuant ca si spalànchin li tombis e velèn l’Infièr
Al sofla fòu. Adès sanc cjalt i bevarès
E di fà alc di cussì brut i podarès che’l dì
Al tremarès a jòdilu. Basta! A me mari.
Oh, còu—to mari a è; nosta lasà
Che chì a èntri l’anima di Neròn.
Crudèl i vuej èsi, ma no snaturàt.
I ghi parlaràj làmis, sensa ušàlis.
Ch’in chistu mi sèdin lènga e còu ipòcris.
Par cuant che la me vòus a la castighi,
Di èsi violènt, còu me, no consentighi.

Al à, Amlet, i so momèns brus che—ametìnlu—a riflètin encja chej il caràtar dal furlàn. Dopo che il spìrit di so pari a ghi à contàt di come cal è stat copàt da chel “sarpìnt” di so barba, Amlet al speta ca ghi rivi il momènt just par vendicasi. Ìl momènt a ghi riva. Al jòt so barba in zenoglòn, cal prèa—o almancu cussì al cròt luj. Momènt ideàl. Ma Amlet a si tratèn, pensànt che s’al copa so barba adès, a lu manda in paradìs. Nencja par schers. Luj al vòu cjastijà so barba—no premiàlu. E alòra:

Sù, spada, e speta un momènt pì orìbil,
Cuant che cjoc al durmìs, o che rabiòus al è,
O tal sporc e’ incestuàl plašèj dal so lièt—
Tal zujà, bestemà, o ta cualchi asiòn
Ca no’a’ntòr nencja na frigùja di salvasiòn—
Alora’ngjàmbilu, che’i so talòns’l Cjel a scàlsin
E che’l so spirt danàt e neri’l sedi
Coma’ l’Infièr indà cal và.
...
(Al è un osteàt di zòvin, stu Amlet, no eše vera?)

Saturday, March 11, 2017

On remembering Ezio



It is 38 degrees outside
but here in the cool comfort
of my couch
I ponder Leopardi’s
love of his unhappy life
and how sweet it was for him
to founder in his sea of miseries.

I close the book,
mix myself a gin and tonic,
and let my mind, Leopardi-like,
recall those days when
only a ceiling fan moved
the stifling air inside
and the screen doors
kept only some of the
numberless moths and mosquitoes
from invading the house,
and how we would wage
immortal war on them
with our valiant vacuum cleaner.

At the end, claiming moral,
but only moral, victory,
he and I would celebrate
with a gloriously cool gin and tonic.
Those days are gone,
those sweaty, sticky stifling days—
but oh how sweet it is
to sip and remember them!

(Ashcroft, June 28/2015)

Friday, March 10, 2017

Heisenberg refuted?




Loco looks’n looks at me.
He knows well how bad I am.
Yet he loves me still.




Thursday, March 9, 2017

A era na volta

Contributo alla giornata internazionale delle donne: brano del mio A era na volta (www.lulu.com/spotlight/eculos):



A è na fiaba, chista, ch’ l’ai tramada sù jò, ma che in ta la so sostansa a è puc diferenta da li storiùtis ca ni contava me mari, coma chè da la gušiela, che coma chè di Genovefa a mi è restada stampada in ta la mins.

A ni contava la puora mari, in ta che ora dopo sena, intànt che, dopo vej distrigàt la taula e rešentàt plas e scugjèlis in tal seglàr, a comedava calsetòns e barghèsis ingrumàdis in ta la taula, a ni contava, coma ch’i dìs, la storia di chel omp che da frut al veva robàt na gušiela, na roba da nuja; ma che dopo di chè al veva robàt na roncja e dopo di chè a si veva metùt a robàighi òufs a li gjalìnis di un visinànt, a cul zì dal timp al veva paràt via a robàighi a la zent dal paìs ròbis di valòu sempri pì grant fin che a la fin al era stàt cjapàt e mandàt in galera.

Finida la storia, a ni mandava a durmì, la nustra mari, cun la racomandasiòn di èsi sempri onescj’ e di maj, ma maj profitasi da la roba daj àltris s’i no volèvin zì a finila coma chel puòr omp da la gušiela. I dìs chel “puòr” omp parsè ca è pròpit cussì che la me puora mari a lu  minsonava: un puòr omp, un omp insoma cal meretava di vignì comišeràt. Encja s’al era un omp zùt di mal, me mari a veva lo stes dòu par luj, e a varès volùt che encja nuàltris i cresèsin cul vej compasiòn—e maj disprès o odiu—vièrs zent cussì. La pietàt—la caritàt cristiana— a era cussì ingranada in me mari che par ic a no ešisteva nisùn ca nol meretava almancu un ninìn di compasiòn. Par ic encja un re al meretava compasiòn, cussì che mentri che par àltris il re al era na “maestàt” par ic al era un puarèt di re. S’a fòs encjamò in vita, e s’i intivàsin di discori di zent coma Donald Trump o Berlusconi, a no mi surprindarès par nuja di sìntila minsonaju coma chel puarèt di Trump, o chel Berlusconi, puarèt. Tant par no cunfùndisi, il so ušu di “puòr” o “puarèt” a nol era, di sòlit, chèl pì comùn, cal vegneva, e al ven, ušàt in sen di rispièt par un muart, coma in tal cašu di me pari, puarèt, o da la me stesa mari, puareta.

Me mari, insoma, a ni contava li so stòris; e li stòris ca ni contava a vèvin sempri, da chèl ch’i mi recuardi, alc da insegnani: o che la virtùt a vèn prima o dopo premiada, coma in tal cašu di Genovefa; o che paj vìsis a si và a pajala cjara, coma cal và a pajala cjara chel puòr omp da la gušiela.

Coma li stòris ca ni contava me mari, li fiàbis pur a sòn stàdis, in taj sècuj pasàs, màsima cuant che nè pìsuj nè grancj’ a no èrin bòis da leši, strumìns di insegnamìnt: di coma ca si varès o ca no si dovarès vivi. Di sòlit na fiaba a trasmeteva na moràl clara e neta, che ognidùn ca la scoltava a la capiva a colp. Ma a’n d’è di fiàbis che dopo vèili scoltàdis, o lešùdis, a ni làsin a bocja vierta, par nuja sigùrs di coma intìndilis.

Li dèis fiàbis daj fràdis Grimm ch’i ài sielzùt di traduši e di includi in ta stu librùt a sòn fra li pì cognosùdis e li pì apresàdis. Fiàbis coma chè di Sinišuta (Aschenputtel)...











Wednesday, March 8, 2017

A la me gjalina



Spes i ghi pasi in banda
cun—oh!—robònis in mins
e sì e no ch’i la jòt
intànt che ic contenta e beàda a para via
a gratà par chì
e a sgarfà par là
in taj clapùs e’n ta la cjera e’n taj stecùs
dal so pulinàr.

Ogni tant, oh ma sè fastidi,
i ghi buti na manada di furmìnt
in tal pulinàr
e ic a ti radopla il so sgarfà
plena di legrìa e cocodecà.

Pì tars, cuant che il soreli al è bièl e alt,
i vaj dentri dal pulinàr
e coma un lari in tal scur da la nòt
i vèn fòu dal pulinàr
cun un òuf platàt in man.

E ic
sensa fami nisùn mušu
cocodecànt di legrìa
a para via a sgarfà.

(from La me cariola, www.lulu/spotlight/eculos)

Tuesday, March 7, 2017

Il mistej pì dur

THIS HEAVY CRAFT
P.K. Page

The wax has melted
but the dream of flight
persists.
I, Icarus, though grounded
in my flesh
have one bright section in me
where a bird
night after starry night
while I'm asleep
unfolds its phantom wings
and practices.



Il mistej dur
di P.K.Page

A si à disdifàt la sera
ma’l sun di svualà
al resta.
Jò, Icarus, se ben che tegnùt jù
i soj da la me cjar
dentri di me un tocùt luminòus i ài
indà che un usielùt
nòt dopo nòt stelada
intànt ch’i durmìs
a ti displèa li so’nvišibili àlis
e a si alena.


The latest in a series of Friulian translations of Canadian poems.

Monday, March 6, 2017

Sul maccheronismo


Frammento tratto dall’introduzione del mio recente Nell’isola di Eea (www.lulu.com/spotlight/eculos)

È un saggio, questo, che fa uso di più lingue, principalmente della lingua italiana e di quella inglese. I miei commenti, in inglese, su Ariosto e Tasso, derivano in modo più o meno integro dalla mia tesi di laurea che sebbene scritta molti molti anni or sono ritiene pure oggi, a mio parere, la validità di allora. Il mio uso della lingua inglese  è dovuto perciò a pura convenienza. Inserito nel testo vi è pure qualche brano in lingua tedesca e in lingua friulana (furlana, non furlane). In questi casi, però, si tratta di semplici citazioni. Se colui che legge pensa che per causa di questo uso multilingue il mio saggio corre il rischio di diventare un impasto maccheronico, non deve sentirsi in colpa. Il maccheronismo, infatti, non è per niente estraneo a questo mio saggio, e merita un commento.

Il maccheronismo era ai suoi inizi un miscuglio comico di italiano e latino, come possiamo osservare da questi versi tipici di Teofilo Folengo (16mo secolo), nei quali ci descrive, con un sorriso ironico, una scena bucolica.

Hic semper saltant, ballant, danzantque puellae,
          seque lavant nudas in fontibus atque laghettis.
   Venticuli molles myrthorum frondibus atque
          floribus insultant, frescas ornantibus herbas,
          et straccatarum nympharum pectora mulcent.
          Hic fagi, pini, cedri, pomrancia, nespoi,
          spernazant umbras, ubi nymphae corpora possant.
   Ad cazzam vadunt, arcos et stralia portant,
          discazzantque leves dainos, agilesque caprettos.
          Non mancant boschi de cedris, deque narancis,
          de myrthis, lauris, lentiscis, atque ginepris.
          Non ibi villani terram vangare fadigant,
   non ibi villanae stoppam filare videntur,
          non ibi plantantur ravanelli, porra, cipollae;
          non aium, capiti nocuum, tyriaqua vilani;
          non ibi sub spinis, urticis, atque ruidis
          stant serpae, rospi, bissae, turpesque ranocchi.

Questo miscuglio non esclude, naturalmente, l’uso di altre lingue, come vediamo da questo esempio, che non manca nemmeno esso di uno scuro umorismo:

Vos creditis, als eine Fabel,
quod Scribitur vom doctor Schnabel,
der fugit die Contagion
et autert feinen Lohn darvon
Cadavera sucht er zu fristen
gleich wie der Corvus auf der Misten.
Ah Credite, zihet nicht dort hin
dann Romae regnat die Pestin.
Quis non deberet sehr erschrecken
fur seiner Virgul oder stecken
qua loquitur, als war er stumm
und deutet sein Consilium.
Wir mancher Credit ohne zweifel
das ihn tentier, ein schwarzer Teufel.
Marsupium heisst seine Höll,
und Aurum die geholte Seel.

(Macaronic text in 17th-century Rome engraving of Doctor Schnabel, a plague doctor.)

E lo vediamo pure in quest’altro esempio—del tutto più mite—di maccheronismo:

In dulci jubilo
nun singet und seid froh!
Unsres Herzens Wonne leit in praesepio
und leuchtet als die Sonne matris in gremio,
Alpha es et O.
(From Makkaronische Dichtung in Wikiwand)

Ed in questo pure:

Nolo mortem peccatoris; Haec sunt verba Salvatoris.
Father I am thine only Son, sent down from heav’n mankind to save.

Sono esempi, questi, tratti da una epoca quando a un certo livello culturale in Italia e nel resto d’Europa dominava ancora il latino. Al giorno d’oggi il latino è stato effettivamente sostituito dalla lingua inglese. L’effetto maccheronico di questo nuovo miscuglio lo notiamo negli esempi che seguono, tratti da quotidiani italiani, nei quali notiamo pure, purtroppo, che se l’umorismo persiste, come nell’uso di "night,” persiste solo in modo involontario.

I terroristi hanno attaccato un night.
Arrestata perchè indossava i shorts.
Sexting, video hard e ricatti
Colpita New York. I luoghi: story map
Ultima moda: il look non convince. Ecc.

Sunday, March 5, 2017

The power of Friulian



Being Human: a 1994 movie starring the late Robin Williams. On the whole the movie is pretty forgettable—except for the one episode in the movie where Hector (Williams) meets a widow (Anna Galiena) with whom he falls in love and she with him. Not much really remarkable in this. Happens a lot. Except for this: that she speaks a language he does not understand, nor does she understand a word of the language he speaks. But both understand one language—the language of love, which presumably (at least according to what we are led to believe in the movie) transcends any merely spoken language. Good point, really. But to make this point it was important for the movie to enable this decidedly alluring widow to speak a language that is not just foreign to Hector, but to the moviegoers as well. In other words, the language, although pleasing to hear, had to be total gibberish for both the protagonists and the audience. So the movie’s director was faced with an intriguing problem: what language was he going to use that would be sure not to be understood by any member of the audience? He had quite a choice to make. He could have met his objective by selecting any one of these European languages: Pite Saami, Karaim, Faroese, or even Basque; or if he was really bent on minimizing the chances that anyone on the audience would understand the language spoken by the widow, he could have chosen from a near endless number of world languages, like Chamicuro, Dumi, Ongota, Liki, Chemehueri, Tamarak, Bakuli, Sanema, Lemerir or—why not?—even Pirahá. Instead he chose Friulian as the language least likely to be understood. (So much for my native language!) On one count, though, he was wrong: if he had really wanted to chose the language least likely to be understood he should have opted for western Friulian (my own brand of the language) rather than the more widely spoken Friulian di là da l’aga (that is, the variant spoken east of the Tagliamento River. All the same, anyone watching the movie outside of Friuli is not likely to have known the difference. What really mattered, though, was that as incomprehensible as it was, the speech of Galiena did at least sound (or was meant to sound) as sweet as the cooing of love should be.

Saturday, March 4, 2017

The Boor

The Boor

It was a fine flight.
Then the guy in front of me
pushed back his seat.

Friday, March 3, 2017

Thoughts on Wordsworth

Thoughts on Wordsworth...through a Friulian filter.

This is a fragment of the dialogue between the two main characters of my play Davòu dal Vel (Behind the Veil)

Ànzul. D’acordu, d’acordu. In ta la so “Ode, on Intimations of Immortality,” però, Wordsworth a si fà jodi tant mancu otimista. A resta vera che la natura a pòl rivelani la veretàt da li ròbis, ma a ghi la farà jodi doma a un cal è bon da sgarfala fòu daj rìtmos da la natura, cal è bon da scoltà benòn il cjantà dal gardelìn o da la lòdula. In ta la so “Ode,” che par tàncjus a è una da li so pì bieli compošisiòns, a ni dìs:

A era na volta cuant che prat, bosc e rojuta,
la cjera stesa e dut sè ca si jòt,
a mi a mi pareva
vistìt di na lus celestiàl,
di na gloria e frescjesa da sun.
A no è pì adès coma ca era na volta—
no’mpuarta pa’ndà ch’i mi volti,
di dì o di nòt,
li ròbis ch’i’ai jodùt i no li jòt pì.


Ànzul. Jòt tu, mo, alora: li ròbis cal veva jodùt a nol è pì bon da jodi. Chel mont “vistìt di na lus celestiàl”—višiòn, che lì, di na realtàt tant pì luminoša da la realtàt di ogni dì—a è dal dut e par sempri sparida.

Il Arc Celèst al vèn e al và,
e biela a è la Roša,
la Luna a si la gòt a jodi
atorotòr cuant che il cjèl al è clar,
i lacs in ta na nòt stelada
a sòn biej da jodi,
e’n tal nasi il soreli al è alc di gloriòus;
ma i saj ben jò che no’mpuarta indà ch’i vaj
nisuna vera gloria i no jòt pì in ta sta cjera.i

Anzulùt. Ma la colpa alora a no è in tal mont da la natura.

Ànzul. Ti às rašòn. La Natura a è sempri buna da ispirani, da fani jodi mons nòufs e misteriòus. I sìn nuàltris ch’i sìn in colpa, ch’i no savìn nè coma nè indulà jodi. Il poeta al ricognòs dopo, cun na streta di còu, che na volta i èrin bòis da penetra in taj aspiès pì misteriòus da li ròbis, di zighi davòu dal vel; ma che purtròp che snàit lì i la vèvin doma da frus, cuant ch’i erin contèns e spenseràs coma la lòdula, beàs coma la Lolli in taj chej so momèns  di èstaši pì…pì…

Anzulùt. Ma sì, dìšilu, daj…in taj momèns pì scatològics! (Beada la nustra Lolli!)

Ànzul. Èco, pròpit cussì! E secònt Wordsworth  a è clar che encja nuàltris na volta i vèvin che abilitàt lì, ma i la vèvin cuant che pròpit i no savèvin di vèila. Li rìghis ch’i diševi, insoma, a sòn chìstis:

Il nustri nasi a nol è che un durmì e un dismintià:
l’Ànima che cun nu a nàs, la nustra Stela,
e a vèn da lontàn:
sensa vej dut dismintiàt;
e par nuja nus dal dut,
ma compagnàs da nùlis di gloria i vegnìn
dal Divìn, cal è la nustra cjaša e il nustri borc:
doma’n taj nustri prins dìs al è’l Paradìs atorotòr di nu!

I sintìn duncja na sorta di rasegnasiòn, si no adiritura di disperasiòn, in ta chistu sintimìnt dal poeta, cal ricognòs che doma un cun la ’nocensa di un frutùt al è bon da jodi che gloria ca no ghi è stàt pusìbul di jodi a nisùn altri, includìnt chej grancj’ che’n tal scori daj sècuj a ghi sòn zùs in sercja, daj timps dal Platòn in cà. E la ultima riga a ni dìs in maniera abastansa clara che pì lontàn ch’i sercjàn tant mancu i cjatarìn. Chisti altri rìghis a ni làsin encja chès cun stu pensej.

Profeta grandìsin! Višionari benedèt!
che’n chèl belzà a ripòšin che veretàs
che’n duta la nustra vita i fadijàn di cjatà…

Anzulùt. I no podìn miga tornà ’ndavòu a cuant ch’i èrin frutùs?  E alora coma i farinu a cjatà fòu che veretàs? Vinu da disperasi…o vinu da fà coma la Lolli cuant ca naša alc di bon in cjera?

Ànzul. I no saj…i no saj. Di chistu i riparlarìn fra cualchi dì. A si à fàt scur.  Lasàn stà par adès.

(www.lulu.com/spotlight/eculos)

Thursday, March 2, 2017

Strambolotàdis, po!

Ogni lenga a à i so strambolòs di peràulis.

La peraula strambolòt a è na strambolotada in se stesa. Ma se il furlàn al à li so strambolòtis di peràulis, se vinu da pensà dal todèsc, cal à strambolotàdis coma Schifffahrt!

Schifffahrt...Yes, no misspelling here! (And just think: it is even onomatopoeic!). :)

Wednesday, March 1, 2017

What Tolstoy would say of Trump

What Tolstoy would say of Trump

Whatever we may think of War and Peace as a novel, we have to recognize that it does tell us quite a bit about the unfolding of history and the role played by supposedly great men in this unfolding. In War and Peace Tolstoy does even more: he shows us something often left out by conventional theories of history, that is, it brings in the little guy—the you and me—and shows us how we too, as well as the big guy, help to shape history. The video does this by focussing on two main historical figures and events. The first figure is Napoleon, whose successes and failures in Russia (and by extension everywhere else in Europe) are attributable more to the actions and inactions of small or secondary figures than to his own. The second figure is Luther, who is commonly given credit for the breakup of the Church when in reality the forces the led to this breakup preceded Luther and merely culminated with him.

https://m.youtube.com/watch?v=Dmj3HjtdtQQ  .

This raises an important question. If Tolstoy is right about Napoleon, is he also right about such figures as Stalin and Hitler? And if so, are the excesses of these two figures, and of others like them, the fault of others, and not their own? The example of Hitler will speak for others too, I think.
Would Hitler ever have gained prominence had Germany and many Germans not felt humiliated by the Treaty of Versaiiles, that led to the sort of war reparations that in the years following crippled Germany economically? A reading of Hans Fallada’s Wolf unter Wölfen gives a pretty good idea of the sort of social and economic conditions existing at that time, conditions that were clearly receptive of anything and anyone who would promise a sort of healing and redemption for a humiliated Germany—even of someone who under different circumstances might have been ignored or brushed off as totally unbalanced. Hitler was in a real sense the product of his time. Should he then be absolved for what he did? No, but the point is that he wold never have become what he became had conditions in Germany been different. And to this extent Tolstoy is right. The same can, it seems to me, also be said of Mussolini in Italy. He too, after all, was seen as the guy who could make the trains run on time. So once again, megalomaniac that he was, he was the product of his time. So, I suppose, it comes down to this: the social conditions enable a person to stand out; the same social conditions may enable the person to gain more and more power as he implements policies that the people who chose him see as desirable. At some point, though, the person goes much beyond just making the trains run on time: he begins to do things that sour many of the people who enabled him, and at this critical point he starts losing favour, but by now it’s too late: by now he has enough power in his hands to really subvert the will of the people. And, at least in the case of Hitler and Mussolini, things will go on from bad to worse till they crumble and a new order develops. And the big man is replaced with onother one, or with a movement, that will be the latest reflection of the people’s will.
Enter Trump.
It shouldn’t be too hard to see how Trump himself is the product of circumstances. Needless to say—as was the case with Hitler and Mussolini and, one could go on to say, figures like Stalin and Mao and so forth—there has to be something in the personality of the man that makes him stand out. In one of his miniature poems Ezra Pound once said:

The apparition of those faces in the crowd—
Petals upon a wet black bough.

It is unlikely that these faces are references to either Mussolini or Hitler, though, given his admiration for Mussolini, one never really knows. What is true is that these faces are so attractive for Pound precisely because of the powerful contrast they offer to all the other faces that surround them. And in comparison, the other faces are indeed dreary.

Can a parallel be made with Trump?

Trump runs to replace Obama. Obama is a dignified man of soaring rhetoric: trump is buffoon-like and—to be kind—plain–spoken, even vulgar. In terms of the Pound analogy, Obama should trump Trump big time. Except that by now the Obama figure has worn thin for a lot of people, who see in Trump someone whose language is—yes—vulgar, but vulgar in the sense of being a reflection of the vulgus, or of the common people; and so the vulgus identify with him.
In his plain-spoken way Trump also plays on the things people crave and/or fear: people want jobs, and he promises jobs; people fear losing their jobs, and Trump promises to get rid of illegal immigrants, the job robbers; for the sake of the environment Obama had put a damper on the coal industry and on the building of oil pipelines; Trump promises to reverse that trend and to open up more and more jobs, and more and more people rally behind him. If there is an echo here of what happened in Europe in the 20s, that’s because the echo is loud and clear. Now as then, a figure from the crowd shows up and becomes a projection of their wishes—or at least a projection of the wishes of a sufficient number of disaffected people.
Donald Trump, it is true, has mocked a good number of people since announcing his candidacy, but it is even truer that he himself has been endlessly mocked by the media, by the people he ran against ( remember Rubio’s joke about the small hands?), by the Democrats, who all along thought that Hillary Clinton’s best chance to win was to run against buffoon Trump. And perhaps the best examples of the contempt levelled against him date back to long before he announced his candidacy—way back to 2011 in fact, to the Correspondents Dinner. Here is how President Obama made fun of him on that occasion, as the Washington Post of Feb. 27/17 recalls.

“All kidding aside, obviously, we all know about your credentials and breadth of experience,” he said. “For example, no, seriously, just recently in an episode of ‘Celebrity Apprentice,’ at the steakhouse, the men’s cooking team did not impress the judges from Omaha Steaks. And there was a lot of blame to go around, but you, Mr. Trump, recognized that the real problem was a lack of leadership and so, ultimately, you didn’t blame Little John or Meatloaf — you fired Gary Busey. And these are the kinds of decisions that would keep me up at night. Well-handled, sir. Well-handled.”

The WP reminds us that on that same occasion comedian Seth Mayer, the host of that dinner, was even more dismissive of Trump with jokes that got everyone laughing at the humbling of the man who would indeed be driven to run for president by these very jokes.

“Donald Trump has been saying that he will run for president as a Republican — which is surprising, since I just assumed that he was running as a joke.”

Being the butt of the joke at that event must surely have been a very humiliating experience for Trump, but it must also have been the moment that crystallized his determination to sort of show’em all. That, in a very real sense, was the moment of conception of the man who would become the next president of the United States. All the media taunting that was to follow simply strengthened his resolve and made the whole birthing process (no, not of Obama) easier.

To that event, too, is surely owed at least in part the stance the current president has taken with respect to domestic and foreign affairs issues. Obama was soft on Islamists? Then Islam must be fought tooth and nail. Obama favoured the Affordable Care Act? Then it must be dismantled. Obama was against the coal industry? Then the coal industry must be supported. Ditto for pipelines, and good riddance to environmental concerns. And so forth.

Last night (Feb. 28/17) Trump spoke for the first time to a joint session of Congress. Anyone watching the event will have seen a house divided: the Republicans cheered and cheered; the Democrats sat pretty much silent and gritting their teeth throughout. But no one—no one—any longer felt that the guy speaking was a joke.

Many, even outside Congress, are shaking their heads in disbelief: how could we have let all this happen! Well, as Tolstoy would say, we didn’t just let it happen: we helped it happen, and so if things end up in a bad way, lots of mea culpas should ring out, and a lot of chest thumping.