“In una mattina dell'estate del 1941 io stavo sul poggiolo esterno di legno della casa di mia madre. Il sole dolce e forte del Friuli batteva su tutto quel caro materiale rustico... su quel poggiolo o stavo disegnando (...), oppure scrivendo versi. Quando risuonò la parola ROSADA.
Era Livio, un ragazzo dei vicini oltre la strada, i Socolari, a parlare. Un ragazzo alto, d'ossa grosse... proprio un contadino di quelle parti... ma gentile e timido come lo sono certi figli di famiglie ricche, pieno di delicatezza. Poiché i contadini, si sa, lo dice Lenin, sono dei piccoli-borghesi, tuttavia Livio parlava certo di cose piccole ed innocenti. La parola ROSADA non era che una punta espressiva della sua vivacità orale. Certamente quella parola, in tutti i secoli del suo uso nel Friuli che si stende al di qua del Tagliamento non era mai stata scritta. Era stata sempre e solamente un suono. Qualunque cosa quella mattina io stessi facendo, dipingendo o scrivendo, certo mi interruppi subito. (...) E scrissi subito dei versi, in quella parlata friulana della destra del Tagliamento, che fino a quel momento era stata solo un insieme di suoni: cominciai per prima cosa col rendere grafica la parola ROSADA”. (Da: http://culturacattolica.it/default.asp?id=246&id_n=7904)
Momento chiave, questo, nell’evoluzione poetica del Pasolini: d’ora in poi avrebbe scritto le sue poesie nel friulano casarsese. Così, almeno, penso.
Sto appena leggendo, però, un saggio (L’Esperienza friulana di Pasolini) di Hideyuki Doi, uno studioso giapponese del Pasolini, il quale non sembra condividere il mio parere. Secondo Doi, infatti, la poesia friulana del Pasolini, benchè ispirata dalla parlata casarsese, ritiene, una grande affinità con il friulano orientale (di là da l’aga). Come esempio il Doi cita—fra altre—questa poesia:
Il nini muàrt
Sère imbarlumìde, tal fossâl
’a crès l’àghe, ’na fèmine plène
’a ciamìne tal ciamp
Jo ti ricuàrdi, Narcìs, tu vévis il colôr
da la sére, quànt lis ciampànis
’a sunin di muàrt.
(Sera mite all’ultimo barlume, nel fosso cresce l’acqua, una femmina piena cam- mina pel campo. Io ti ricordo, Narciso, tu avevi il colore della sera, quando le campane suonano a morto.)
Questa trascrizione de “Il nini muàrt” non solo è affine all’uso del friulano orientale, ma è scritta da principio a fine nel friulano orientale. La stessa poesia, scritta con grafia casarsese, viene riportata così nel sito http://www.club.it/autori/grandi/pierpaolo.pasolini/poediale.html.
Il nini muàrt
Sera imbarlumida, tal fossàl
a cres l'aga, na fèmina plena
a ciamina pal ciamp.
Jo ti recuardi, Narcís, ti vèvis il colòur
da la sera, quand li ciampanis
a súnin di muàrt.
A mio avviso è questa la grafia friulana pasoliniana.
Come, allora, si spiega la differenza? È possibile che il grande studioso giapponese abbia solo voluto dimostrarci come sarebbe apparsa la poesia del Pasolini se in realtà avesse usato la grafia della cosiddetta koine friulana?
...
Ho appena riletto il commento del Doi, nel quale riferisce ad altre stesure della stessa poesia:
“Prima Pasolini insiste sulla forma casarsese colòur nelle due stesure precedenti della poesia, poi la modifica, dato che nel vocabolario si trova solo la forma colôr. Questo ritocco serve per dare al primo verso della seconda terzina una sintonia fonetica con il primo verso della prima terzina: è una importante corrispondenza che nella poesia dimostra un contrasto simbolico fra le due strofe. Il rispetto della koinè friulana è richiesto non solo dalla sua predominanza o dall’uniformità linguistica, ma anche, e soprattutto, da un motivo estetico, da una «volontà poetica».
Se ciò è corretto, allora il Pasolini si è inchinato alle esigenze della koinè friulana. Ma solo se ciò è corretto. Ho i miei dubbi. Il primo: secondo Doi uno dei motivi che avrebbero portato Pasolini a scegliere la grafia della koinè è il semplice fatto che nel vocabolario (si tratta del Nuovo Pirona) si trova solo la forma colôr. È senz’altro vero che il Pirona non offre varianti del vocabolo. (Me ne sono appena accertato.) Trovo molto difficile credere, tuttavia, che Pasolini, conoscendo l’uso ubiquito di colòur nella parlata di Casarsa, si abbia arreso di fronte all’autorità del Pirona, autorità (come dimostra questo esempio) da riconoscere solo nell’ambito della koinè. Quest’arresa da parte del Pasolini, ripeto, mi sembra strana, perfino irreale—e per due motivi principali: primo, perchè egli usa molto spesso parole che terminano in “–òur”; secondo, perchè il Pasolini non era persona che accettava, diciamo così, placidamente, decreti che provengono dall’alto. (La scelta stessa del friulano—in particolare del friulano casarsese—come veicolo della sua espressione poetica dovrebbe essere prova sufficiente.)
Il Doi, comunque, offre un’altra ipotesi, che io trovo molto più probabile, espressa così dal Doi:
"..,dato il suo gusto per l’arcaicità, Pasolini sceglie appositamente le forme friulane antiche rintracciabili nel Nuovo Pirona. Con parametri propri egli si rivolge al dizionario, come notiamo nel seguente passo del 1943: [...] “donzèl”, “lutà” [...] non sono voci che si possano sentire sulle labbra di questi miei rustici compaesani, ma sono soltanto reperibili tra le pagine del Nuovo Pirona.”
Che il Pasolini ricorra ogni tanto a espressioni antiche come “donzèl” (e per giunta non appartenenti alla parlata casarsese) è facilmente provabile, come vediamo da quest’altra poesia, che però all’infuori di questa piccola anomalia è, nel suo insieme, prettamente casarsese, come casarsese è tutto il suo corpus poetico friulano:
O me donzel
O me donzel! Jo i nas
ta l'odòur che la ploja
a suspira tai pras
di erba viva... I nas
tal spieli da la roja.
In chel spieli Ciasarsa
- coma i pras di rosada -
di timp antic a trima.
Là sot, jo i vif di dòul,
lontàn frut peciadòur,
ta un ridi scunfuartàt.
O me donzel, serena
la sera a tens la ombrena
tai vecius murs: tal sèil
la lus a imbarlumís.
a súnin di muàrt.
A mio avviso è questa la grafia friulana pasoliniana.
Come, allora, si spiega la differenza? È possibile che il grande studioso giapponese abbia solo voluto dimostrarci come sarebbe apparsa la poesia del Pasolini se in realtà avesse usato la grafia della cosiddetta koine friulana?
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