Sunday, March 19, 2017

Riflessioni su I Miserabili

Tratto dal mio La Terra Desolata (www.lulu.com/spotlight/eculos).

..Mi viene in mente, qui, la prima volta che ho letto, in italiano, I Miserabili di Victor Hugo. Avevo, in quei giorni, quattordici, forse quindici anni. Era , credo, il 1953, lo stesso anno della morte di Stalin; e un silenzio era caduto su tutto San Giovanni non appena la notizia divenne nota.“Sai cosa?”udivo qualcuno sussurrare a qualcun altro,“Stalin è morto, sai!” ; e quel qualcun altro lo guardava in modo confuso, cercando di capire se la morte di Stalin, che era sempre stato, era qualcosa di buono o la più grande disgrazia possibile. E io, che capivo poco o nulla dei grandi eventi di questo mondo, ero come quest’ultimo. Era, come ho detto, intorno a quel periodo che ho letto per la prima volta Les Miserables. I motivi che mi avevano spinto alla lettura di questa grande opera di Hugo si sono un po’ offuscati con il passare del tempo, anche se credo che sia successo così: che all’interno della porta principale del duomo di San Giovanni era stato appeso un elenco dei libri che i parrocchiani fedeli erano sconsigliati dal leggere; e Les Miserables pure si trovava in questa lista, anche se quasi sicuramente veniva indicato come I miserabili.
Vi è una forte probabilità che, quando, per puro caso, mi era capitato di vedere questo stesso libro nella casa di un conoscente del borgo Runcis (il cui nome semplicemente non ricordo) lo avrei del tutto ignorato e lasciato lì dov’era. Ricordavo invece che questo era uno dei libri che non si doveva leggere. Così me lo feci prestare, lo portai a casa e iniziai subito a leggerlo; e non credo di sbagliarmi nel dire che iniziai a leggerlo proprio perché era un libro proibito e che era il divieto stesso che mi aveva tentato di leggerlo. Che cosa mai raccontava questo libro che la Chiesa non voleva che lo sapessi? Devo supporre che tenendomi dalla sua lettura la Chiesa era motivata solo dal benessere della mia anima; e anche se in maniera molto ironica, il divieto avrebbe avuto almeno un po’ dell’effetto desiderato: non perché il divieto mi aveva tenuto lontano dal libro, ma piuttosto perché il divieto lo aveva reso infinitamente più desiderabile, come, temo, in quelle prime mattine del nostro mondo, dicendo a Eva di non avvicinarsi alla famosa mela, il nostro buon Signore l’aveva riempita di una voglia irresistibile di assaggiarla. Non ho alcun desiderio, ora, di discutere se il divieto edenico, con la sua inevitabile tentazione, era stata una cosa buona o no: forse lo era, e forse non lo era. Una cosa sì che la possiamo dire tranquillamente: che il divieto aveva causato la tentazione, la tentazione la caduta, e la caduta la redenzione; e la redenzione, si potrebbe pensare, non era del tutto una brutta cosa. Si potrebbe pure dire, naturalmente, che se il divieto non fosse mai stato decretato, Eva non sarebbe mai stata tentata di ottenere ciò che veramente non le occorreva. Queste speculazioni, tuttavia, è meglio lasciarle ai teologi. Torno invece al libro che senza il suo divieto non avrei forse mai saputo che esistesse. Grazie al divieto, insomma, non solo ho letto il libro, ma lo ho letto con lo stesso entusiasmo che un uomo affamato mangia un buon pasto: con ciò intendo dire che appena iniziai a leggerlo ricordo che continuai a leggerlo da inizio a fine in una sola seduta. Penso, però, che la mia memoria mi stia giocando dei brutti scherzi: chi il libro lo ha letto sa che Les Miserables è un tomo piuttosto voluminoso, di più di ottocento pagine, e che quindi non è verosimile che un ragazzo di quattordici anni lo abbia letto non-stop. Ma proprio così mi ricordo di averlo letto. Può ben darsi che lo abbia letto in un periodo di pochi giorni o addirittura di settimane.Su una cosa, però, non ci possono essere dubbi: ho letto il romanzo con grandissimo piacere; e le vicende della storia che racconta, e i personaggi che animano la sua trama—come Jean Valjean; come il vescovo che alla pari di un alchimista dei tempi antichi che tentava di tramutare qualcosa di brutto e selvaggio in una cosa preziosa, ma a differenza dell’alchimista riesce all’inizio della storia a iniettare nel più rozzo Jean Valjean qualcosa che col tempo lo trasformerà in uno straordinario esempio di rettitudine morale; come l’inflessibile Javert, come la povera Fantine, come Cosette—sono rimasti per me veri punti di riferimento, come l’ago della bussola che più di una volta nelle nostre escursioni ci ha rimesso nella strada giusta....

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