Si discute da tempo su i pro e i con della ius soli, cioè della norma di legge che, fra l’altro, concederebbe automaticamente la cittadinanza italiana a chiunque nato in Italia. È chiaro che molti italiani sono del tutto a favore della ius soli, mentre tanti altri, come per esempio Roberto Marchesi de Il Fatto Quotidiano, ne sono completamente opposti. Quest’ultimo, infatti, insiste che la ius soli avrebbe a lungo andare l’effetto di inquinare la purezza della nostra cultura, e che quindi sarebbe una follia decretarla. Dopo essersi ampiamente sfogato contro la ius soli, Marchesi conclude il suo blog del 17 giugno scorso con questa esortazione: “Teniamoci con orgoglio il nostro “ius sanguinis” che ci garantisce almeno un legame concreto coi nostri avi i quali, anche a costo della vita talvolta, ci hanno regalato questo splendido territorio e questa splendida storia, che costituiscono ora anche per noi un debito che abbiamo verso i nostri figli.”
Pure io mi sento attratto dalle promesse della ius sanguinis, ma certo non dai suoi difetti. Secondo il Marchesi la ius sanguinis “ci garantisce almeno un legame concreto con i nostri avi…” Vorrei sinceramente poter condividere il parere del Marchesi, ma non posso. Il mio caso personale (simile sicuramente a quello di tantissimi altri emigranti italiani) offre una prova tanto indiscutibile quanto deprecabile che la ius sanguinis, purtroppo, non offre per niente questa garanzia.
Ecco il perché: mio padre come tantissimi altri connazionali si trova costretto dalla miseria del dopoguerra a emigrare in un Canada che in quegli anni accoglieva questo influsso di immigrati con palpabile ostilità (specchio abbastanza fedele dell’ostilità verso gli immigranti nell’Italia odierna). Dopo sei anni di permanenza in Canada viene raggiunto da alcuni dei suoi figli, incluso il sottoscritto. Dati i tempi, e pensando che così facendo avrebbe reso più facile per i figli l’inserimento nella vita canadese, mio padre decide un anno dopo di ottenere la cittadinanza canadese. Noi figli, essendo ancora minorenni, diventiamo pure noi—a parte qualche formalità—automaticamente canadesi. Date le leggi allora in vigore, l’acquisizione della cittadinanza canadese significa la perdita automatica della nostra cittadinanza italiana, per mio padre e per noi figli. Gli anni passano. Mio padre ritorna in Italia. Io e i miei fratelli rimaniamo in Canada. Io eventualmente mi sposo ed ho tre figli. Poi succede questo, che una ventina d’anni fa, circa, una nuova legge entra in vigore in Italia, che permette a emigranti come me—cioè a coloro che avevano acquisito una cittadinanza estera—di ridiventare italiani senza perdere l’altra cittadinanza. Io colgo l’occasione e (col pensiero ai miei figli che—grazie, pensavo, alla ius sanguinis—avrebbero così potuto loro stessi “ereditare” la cittadinanza italiana) e ridivento legalmente italiano. Essendomi a questo punto rifatto italiano, penso, non senza un pizzico di logica, che ora, essendo nato in Italia da genitori italiani (e coniuge per giunta di una donna pure lei figlia di immigranti italiani) ed avendo appena riacquisito la cittadinanza italiana, io penso insomma che grazie alla ius sanguinis dovrebbe ora essermi possibile conferire la cittadinanza ai miei figli.
Così pensavo; ma il mio pensiero, purtroppo, seguiva una logica (in se stessa impeccabile) per nulla condivisa dalle leggi italiane ora in vigore. La ius sanguinis, è vero, decreta che i figli di italiani hanno pieno diritto alla cittadinanza dei loro genitori—ma non nel caso di figli nati in un periodo quando i genitori non erano legalmente italiani. La ius sanguinis, insomma, a questo punto crolla. E nel caso dei miei figli crolla in modo miserabile e, a mio parere, iniquo. Nato in Italia da genitori italiani, vissuto in Italia fino a diciassette anni, sposato con la figlia di immigranti italiani, ridivenuto italiano più di vent’anni or sono; io, che mi sono sempre sentito italiano fino al più profondo dell’anima; ebbene, io, assurdamente, non posso trasferire la mia cittadinanza ai miei figli.
Something, sono tentato di dire, is rotten…ma non in Danimarca, come a questo punto pure il signor Marchesi potrebbe attestare. Ma così sembra essere.
Si dovrebbe o no appoggiare la ius soli? Questo è ora il dibattito in Italia. Ed è un dibattito che bisogna tenere. Dove sono, però, i tentativi di rettificare le ingiustizie radicate nella stessa ius sanguinis? Dov’è la consapevolezza dei torti che vengono fatti a italiani come me e i miei figli?
No comments:
Post a Comment