Caro signor Cisilino—
“L'esordio poetico di Pasolini è nel dialetto di Casarsa luogo amato dei suoi soggiorni estivi dove egli scopre la vita e la natura. Il dialetto di questa zona occidentale del Friuli, sul lato destro del Tagliamento, è un dialetto che il poeta usava nella vita quotidiana e senza alcuna tradizione letteraria, era la lingua materna incontaminata ed estranea alle forme moderne che veniva usata in quel piccolo idilliaco mondo. Pasolini individua nel dialetto la lingua intatta dalle contaminazioni della letteratura e della vita borghese sulla quale può agire con una spontanea sperimentazione...”
A questa osservazione aggiungo questo: che Pasolini era a quei tempi perfettamente consapevole che il “koiné” aveva già una tradizione letteraria (con Di Colloredo, ecc.). Ma è precisamente per questo che Pasolini vedeva nella parlata casarsese, incontaminata da convenzioni, la libertà di agire “con spontanea sperimentazione.” Quindi la necessità poetica, per Pasolini, del friulano casarsese.
Salùs,
Ermes Culos
Preg.mo,
il cartello da Lei segnalato non è quello di inizio centro abitato (su cui viene ammessa la varietà locale), ma un cartello direzionale che è rivolto all’intera comunità friulana e non solo agli abitanti di Casarsa, anche perché può essere posto in un luogo molto lontano dal centro abitato considerato (anche 50-100 Km). E’ per questo che tali cartelli sono sempre messi in lingua comune.
Quanto a Pasolini, faccio notare che la stesura originale di “Poesie a Casarsa” è scritta in koinè. Quindi anche Pasolini diceva e scriveva Cjasarse.
Mandi, William Cisilino
Da: Ermes Culos [mailto:eculos@hotmail.com]
Inviato: venerdì 25 settembre 2020 23:39
A: Agjenzie Regjonâl pe Lenghe Furlane
Cc: ufficio.centrale@messaggeroveneto.it; cultura@gazzettino.it; Segreteria - Casarsa della Delizia
Oggetto: Segnaletica fuorviante
Spettabili dirigenti
Per l’iniziativa di garantire che le indicazioni stradali all'interno del Friuli rechino il toponimo friulano accanto a quello italiano la Arlef merita indubbiamente un forte elogio. Meno forte, purtroppo, diventa questo elogio quando ci accorgiamo che l'iniziativa Arlef porta a risultati visivi e, almeno per i Casarsesi, sconcertanti come quello indicato nella foto allegata, dove il toponimo friulano per Casarsa diventa Cjasarse. Chiamare Casarsa Cjasarse all'interno degli uffici della Arlef, dove per friulano si intende il friulano cosiddetto “comune”, è cosa naturalissima. Ma non è per niente cosa naturalissima in zona casarsese. Direi di più: che a Casarsa e in località circostanti il toponimo Cjasarse nelle indicazioni stradali viene percepito da tanti come uno schiaffo. E come un'offesa verrebbe senza dubbio accolto da Pier Paolo Pasolini, il più grande poeta e artista friulano di ogni tempo, per cui la parlata di Casarsa era, a livello di poesia, preziosissima. (Si veda https://youtu.be/TTmaYkIcvF4 .)
La posizione presa dalla Arlef, di promuovere in ogni maniera possibile, la lingua friulana “comune” non è difficile da comprendere. Il guaio è che Cjasarse non ha niente in comune con Cjasarsa. Cjasarsa e Cjasarse appartengono a due distinti varianti della lingua friulana. Insistere sul chiamare Cjasarsa Cjasarse vuol dire negare la realtà di Cjasarsa, negare, cioè, che la lingua friulana ha una ricchezza che va ben oltre i limiti imposti dalla Arlef. Il chè è cosa triste da constatare. Tutelare una lingua minoritaria vuol dire ben altro che cancellare ogni sua inconveniete variante: vuol dire l'esatto opposto.
Distinti saluti,
Ermes Culos
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