Il mondo ieri è stato testimone di qualcosa di straordinario: il riconoscimento (e le scuse) di Papa Francesco che la Chiesa cattolica è stata almeno in parte responsabile, negli ultimi duecento anni, degli abusi e della morte di migliaia di bambini indigeni canadesi e, quel che forse è ancor peggio, di aver perpetrato sugli indigeni quello che uno dei loro rappresentanti ha oggi, in udienza con il Papa, chiamato genocidio culturale. Questo genocidio culturale è avvenuto attraverso l'istituzione di Scuole Residenziali promosse dal governo federale e guidate e amministrate da confessioni cristiane, principalmente la Chiesa cattolica, il cui maggior scopo era quello di privare i bambini delle loro lingue e culture native e di costringerli a imparare la lingua inglese o francese e instillare in loro cultura e valori europei.
È lecito presumere che sia il governo canadese che le Chiese cristiane abbiano agito in buona fede, sperando onestamente di aiutare la popolazione indigena ad apprendere le capacità e i valori eurocentrici ritenuti necessari per prosperare nella società dominante. Se guardiamo indietro a questo aspetto del passato coloniale del Canada, tuttavia, dobbiamo riconoscere che pratiche come l'omologazione culturale equivalgono, in un senso tristemente reale, a un genocidio culturale. Anche Papa Francesco, credo, ha appreso qualcosa di grande valore dall'incontro odierno con gli indigeni del Canada: che tutte le culture hanno un altissimo valore, siano o meno conformi alla nostra.
Mi soffermo su tutto questo non solo perché trovo deprimente tutto quello che è successo in Canada, ma anche perché cose simili, grandi e piccole, stanno succedendo in altre parti del mondo. Il conflitto Russia-Ucraina è prova sufficiente che oggi stanno accadendo cose anche peggiori di quella appena menzionata. Ma accadono anche altre cose che in modi insidiosi minano lingue e cultura. Esempio: il Friuli, dove per promuovere una variante della lingua regionale vengono sacrificate diverse altre varianti della stessa lingua: si cambiano i segnali stradali e i nomi dei paesi nella variante preferita, si insegna la variante preferita nelle scuole, le opere di poeti di altre varianti vengono soppresse o ignorate, ecc. Anche queste cose sono una specie di genocidio culturale, anche se, per loro, i quotidiani non riporteranno mai nessun mea culpa.
Much of the world today was witness to something extraordinary: an acknowledgment (and an apology) by Pope Francis that the Catholic Church has been at least in part responsible, in the past couple of hundred years, for the abuses and deaths of thousands of Canadian indigenous children and, what is probably worse, for having perpetrated on the indigenous people as a whole a kind cultural genocide. This cultural genocide—in the view of some of the indigenous leaders who met today at the Vatican—happened through the establisment of Residential schools—promoted by the federal goverment and ran by Christian denominations, mainly the Catholic Church—whose primary function, was that of depriving the children of their native languages and cultures and coercing them to learn the English or the French language and instilling in them European values and culture.
In fairness we can assume that both the Canadian government and the Christian Churches acted in good faith, honestly hoping to help the indigenous population learn the Eurocentric skills and values needed to cope and thrive in the dominant society. As we look back this aspect of Canada's colonial past, though, we have to recognize that such practices as cultural homologization did, in a sadly real sense, amount to cultural genocide. Even Pope Francis, I believe, has learned something of great value from today's encounter with Canada's first peoples: that all cultures have to be cherished, whether or not they conform to our own.
I mention all this not just out of concern for what happened in Canada, but also out of concern for similar things, big and small, that are happening in other parts of the world. What is happening in the Ukraine today is proof enough that today even worse things are happening than the one just mentioned. But other things are happening, too, that, though little noticed, are working in their insidious ways to undermine languages and culture. Case in point: Friuli, where for the sake of one variant of the region's language, several other variants of the same language are being sacrificed: street signs and town names are being changed to the favoured variant, the favoured variant is taught is schools, the works of poets of other variants are either suppressed or ignored, etc. These things, too, are a kind of cultural genocide, though, for them, no apologies are likely to be forthcoming.
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