Certo—come suggerisce Mario Baudino (Corriere, 20 aprile)—di Dostoevski si può parlar male. Si può parlar male di tutto e di tutti. Si può parlar male del grandissimo scrittore russo per averci dato le diaboliche manipolazioni di Pyotr Verkhovensky (nei Demoni) che, si potrebbe dire, sono state di ispirazione a quelle di Putin, o per averci dato Raskolnikov (in Delitto e Castigo) e i suoi pensieri e attività criminali. Certo, di questi incredibili creazioni si può parlar male, come si potrebbe parlar male di protagonisti come Ivan Karamazov. Sarebbe meno facile, penso, essere critici di Myshkin (in L’Idiota) o di Aliosha (in I Fratelli Karamazov). Sarebbe, infatti, molto più facile disdire di Zelensky e delle sue perpetue—diciamo pure Verkhovenskiane—richieste di armi, il cui effetto—e di questo si potrebbe parlar molto male—è quello di prolungare questo conflitto e di renderlo sempre più sanguinoso, come vediamo nei flutti incessanti di immagini di distruzione che colpiscono in nostri televisori giorno dopo giorno, ora dopo ora. Di tutto ciò si potrebbe parlar male—e forse, è vero, forse si dovrebbe.
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